GRATITUDINE
Un anno, e in questa stagione ero a Roma.
Avevo Roma e la felicità.
Una godevo apertamente e l’altra
tacevo per scaramanzia.
Ma tutto
mi voleva beato a tutte l’ore;
e il mio pensiero era di un dio creatore.
Milano sotto la neve è più triste,
forse più bella. Molte cose sono
passato, quali in me vivono ancora,
in questa umana città dolorosa.
Mi accoglie al caldo la cucina; un prossimo,
ritrovato e perduto, gli occhi di leva
dai quaderni impossibili e la voce.
Vede i candidi fiori; vede, un poco
curva, la madre che sfaccenda. E dice,
volta l’ilare faccia a lei: <Mammina,
appena esci ti bacia la neve>;
ed il mio cuore quel bacio riceve.
EBBRI CANTI
Ebbri canti si levano e bestemmie
nell’osteria suburbana. qui pure
– penso – è Mediterraneo. E il mio pensiero
all’azzurro s’inebbria di quel nome.
Materna calma imprendibile è Roma.
S’innamora la Grecia alle sue sponde
come un’adolescenza. oscura il mondo
e lo rinnova la Giudea. Non altro
a me vecchio sorride sotto il sole.
Antico mare perduto…Pur vuole.
la Musa che da te nacque, ch’io dica
di te, col buio alle porte, parole.
Mi spiace doverlo ribadire, non è colpa sua a suo modo è stato ungrande, ma lo trovo sempre di una noia mortale!