Le ragioni che portarono Jean Paul Sartre al rifiuto del Nobel nel 1964

jean-paul-sartreJean Paul Sartre (1905-1980), filosofo e scrittore francese. Laureatosi in filosofia, negli anni trenta fu attratto dalla fenomenologia di Husserl e dall’analitica esistenziale di Heidegger, che studiò (1933-34) anche a Berlino. Nel 1938 il romanzo “La nausea” lo rese famoso, e nel 1943 l’opera “L’essere e il nulla” lo collocò tra i principali esponenti della cosiddetta “Scuola di Parigi”. Interprete, nei primi anni dell’immediato dopoguerra, della profonda disgregazione dei valori tradizionali, Sartre sviluppò tutto il suo pensiero e la sua vastissima produzione letteraria in termini di costante polemica anti-borghese. Nel corso del tempo, questa polemica, tuttavia, subì una profonda evoluzione. Nel 1944 partecipò alla fondazione della rivista “Les temps modernes” e iniziò un’approfondita discussione del marxismo che culmina nella “Critica della ragion dialettica”, del 1960. I problemi centrali non sono più l’individuo e la sua coscienza in rapporto al mondo esterno, ma il condizionamento sociale e storico dell’individuo. Nel 1964 venne attribuito a Sartre il premio Nobel che il filosofo, coerente con le proprie idee, rifiutò.

Così scrive Jean Paul Sartre all’Accademia svedese motivando il suo rifiuto ufficiale:

“Le ragioni personali sono le seguenti: il mio rifiuto non è un atto di improvvisazione. Ho sempre declinato gli onori ufficiali. Quando nel dopoguerra, nel 1945, mi è stata proposta la Legione d’Onore, ho rifiutato malgrado avessi degli amici al governo. Ugualmente non ho mai desiderato entrare al Collège de France come mi è stato suggerito da qualche amico. […] Non è la stessa cosa se mi firmo Jean Paul Sartre o Jean Paul Sartre Premio Nobel. […] Lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in istituzione, anche se questo avviene nelle forme più onorevoli, come in questo caso. […] Le mie ragioni obiettive sono le seguenti: la sola lotta possibile sul fronte della cultura, in questo momento, è quella per la coesistenza pacifica di due culture, quella dell’est e quella dell’ovest. Non voglio dire che bisogna abbracciarsi, so bene che il confrontarsi di queste due culture prende necessariamente la forma di un conflitto, ma che deve avvenire tra gli uomini e tra le culture, senza l’intervento delle istituzioni. […] Le mie simpatie si rivolgono innegabilmente verso il socialismo e a ciò che viene chiamato il blocco dell’est, ma io sono nato e allevato in una famiglia borghese […] Spero tuttavia, sia chiaro, che “vinca il migliore”, cioè il socialismo. Questo è il motivo per cui io non posso accettare le onoreficenze conferite dalle alte istanze culturali, sia all’ovest che all’est, anche se capisco con chiarezza la loro ragione di esistere. Anche se tutte le mie simpatie sono dalla parte dei socialisti sarei incapace di accettare, per esempio, il premio Lenin se qualcuno me lo volesse dare, ma non è questo il caso. Durante la guerra d’Algeria quando abbiamo firmato il “Manifesto dei 212″ avrei accettato il premio con riconoscenza perchè non avrebbe onorato solo me ma la libertà per cui si lottava. Ma questo non è successo ed è solo alla fine della guerra che mi si è assegnato il premio.”

5 commenti
  1. Effettivamente la scrittura non può venire equiparata a una filosofia politica come una banale moltiplicazione. L’approccio politico di un autore è un elemento importante nel far germinare la sua abilità, ma ciò che lui realizza è la pagina redatta. e per definizione deve sottostare alla sua indagine anziché a una lettura ideologica pura, o perfino alle sue speranze politiche. Deve esistere, e Sartre ne fa cenno, nella letteratura e non solo, una ricerca delle motivazioni umane sociopsicologiche perché non c’è programma partitico in grado di abbracciare la complessità del reale. Altrimenti si rischia una ” roulette russa” come accadde a Majakovskij e Pavese, diventare cioè dei capri espiatori di un realismo socialista (ma non facciamone per forza una questione di colore) giocandosi addirittura l’esistenza per non essere riusciti a realizzare appieno il succo delle direttive imposte.

  2. Ha ragione Michele Rossitti. A Sartre in fondo sarebbe bastata una sola ragione per rifiutare il Premio Nobel o qualsiasi altro premio, quella per cui “lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in istituzione”. Se ricevere un premio significa essere ingessato in un sistema di potere allora è doveroso rifiutare quel premio. Questa ragione del rifiuto infatti, oltre ad essere contemporaneamente una ragione soggettiva ed oggettiva, è un pricipio di libertà a salvaguardia della perenne creatività del pensiero e della conseguente scrittura.

  3. Sono piuttosto d’accordo con quanto i commentatori hanno scritto – forse ancora di più che con quanto scritto da Sartre, per lo meno per quanto riguarda l’aspetto da lui chiamato “oggettivo” delle sue ragioni.
    Tutto ciò mi fa venire in mente il senso di lieve scoramento che provo quando mi capita di vedere la trasmissione di Fazio.

  4. Sartre, pace all’anima sua, a mio avviso era un cialtrone, rifiutò il Nobel per non diventare un’istituzione quando, e perché, lo era già. D’altra parte la distruzione dei valori “vecchi” e la critica alla borghesia a cosa hanno portato? Agli antichi contestatori le loro ricchissime pensioni, ai valori distrutti hanno l’assenza, il vuoto cosmico, di valori, che hanno portato a questa sporca società basata sullo sfruttamento del lavoro e sulla totale volgarità dell’accumulo del danaro. Bel risultato!

  5. Sartre aggiunge al merito, che tanto gli rimane riconosciuto, un gesto ancora più rappresentativo del riconoscimento in sè… che fico!!! molto pop, come Lennon che rifiuta il titolo di Baronetto (più o meno il periodo dovrebbe essere quello).
    Ma sono cose tutte passate di moda, come la coerenza tra l’idea e l’atto. Mi accontenterei, giuro.
    Però, fortuna, siamo “dalla parte giusta della storia” e il Grande Oriente d’Italia si appresta a passare il maglietto al nuovo Gran Maestro: Noi, Liberi Muratori, indichiamo la rotta: adesso sì che # stiamo sereni.

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