Quando il poeta intende interamente la vita. Poesia, Scienza e Filosofia. “Furor Mathematicus” di Leonardo Sinisgalli, Mondadori – 2019

9496915Pubblicato la prima volta nel 1950 (Mondadori). La piccola Edizione della Cometa, 1982, è parte primaria delle opere del grande poeta lucano all’interno della mia biblioteca. Saluto con emozione ed entusiasmo l’uscita nella sua versione integrale di quest’opera rappresentativa di un artefice della poesia, della dottrina e della bellezza universale. Non mancherà in quell’angolo riservato che attendevo da tempo.

 

 

Carissimo Gianfranco,

cerca di approfondire questa idea che mi sono fatto della poesia: un quantum, una forza, una estrema animazione esprimibile mediante un numero complesso a+b: ideali mundi monstrum, inter ens et non ens amphibium (Leibniz); una quantità silvestre (Cardano); somma di un reale e di un immaginario (Cartesio); un vettore, diremo noi con Marcolongo. Tu sai che l’insieme più vasto dei numeri pensabili è quello dei numeri complessi: con questi numeri non un punto segnato sopra un piano resta indeterminato. E’ stato scritto anche che Pascal si esprime per complessi, vale a dire che le verità di Pascal prendono radice dall’esperienza reale e immaginaria. Pascal, certo, aveva l’educazione e la mente adatta a misurare, a sentire il verso, l’inclinazione di una forza più che la sua quantità, il suo peso. Non l’oggetto della virtù lo interessava, ma la condizione necessaria a farla crescere, a conservarla. Avrai osservato come le intelligenze più sottili hanno sempre speculato sull’acqua: Archimede, Pascal, Leonardo. L’epoca alessandrina coincide anche con l’epoca delle esperienze idrodinamiche più strane: le artificiose macchine di Erone vanno messe in analogia con i versi sulla chioma di Berenice. Tu capisci, del resto, quanto deve essere stato difficile stabilire le regole, le leggi di una materia così sfuggente. Del resto una materia addirittura “invisibile” come l’elettricità è stata per anologia regolata come l’acqua. Adesso non ricordo se è proprio su questo argomento che si intrattiene Valéry in quel suo saggio “au sujet de l’Eureka”  Ma torniamo ai numeri complessi e alla poesia, al binomio a+bj, dove a e b sono quantità reali e j è il famoso operatore immaginario. Questo operatore dà un senso, un’inclinazione al numero che per sua natura è orizzontale e inerte, lo rende attivo, lo traduce in una forza. A me pare analoga l’azione di j a quella che il poeta esercita sulla “cosa”. Le parole per formare un verso devono avere una particolare inclinazione (scritta così, questa frase sembra ora addirittura lapalissiana). Voglio dire, insomma, che il simbolo j ci darebbe un’idea di quella che è l’alterazione provocata dal linguaggio sulla realtà, del rapporto cioè tra “cosa” e “immagine”. Ma questi sono ancora degli assiomi: non si potrebbe cavar fuori dei teoremi? Perdonami, caro Gianfranco. Io cercavo solo questa sera un pretesto, tra matematico e metafisico, per farmi ricordare da te, il giorno del mio onomastico. 

Leonardo Sinisgalli (Milano, via Rugabella, 6 novembre 1941)

 

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