CPAP*
A teatro spento l’arte smette la finzione
sull’unica scena possibile s’abbatte
l’ostinato sipario delle vicende immote
saracinesca di parole
pietra tombale del suggeritore
ostinati personaggi in cerca di un copione
mummificati tra le bende della scena
burattini come ex-voto appesi
al filo esacerbato della dissipazione
sul proscenio statico della muta sedizione
rivoluzione instancabile del tarlo e della polvere
che per sé pretende l’intero incasso
l’eco ottuso degli applausi
le luci tremule della ribalta.
Si cerca allora una via di fuga
l’intercapedine sicura
l’ineffabile confine tra sogno e veglia:
di sera ricompongo la visione
maschera sul naso e proboscide tortuosa
raggiro la negriera e palombaro
m’immergo nell’inchiostro della notte
aria trafugata attraverso il macchinario
gingillo postmoderno
virtuoso turbinio
pneuma del presidio ventilato
che velame sanguigno dei polmoni
dal circolare spiro mulino dell’affanno
nel fiordo naturale e chiaro
golfo solare dell’ossigeno combusto
bulinando di grazia mi conduce
infuso naviglio trattenuto in superficie
che invece fedele al tuffatore
al pescatore di conchiglie
contrito d’asma e d’anidride
sotto mentite spoglie
ramificate spugne, roride meduse
nel blu cobalto mar della premorte
fino in fondo si sarebbero gettate
sfiorando a volte l’acque fredde e scure
sotto lo sterno tenebroso dell’abisso
che pressione continua positiva
vivace contrazione mi fingo di scordare
*Acronimo di: “Continuous Positive Airways Pressure”
Che sta per:” Pressione positiva continua delle vie aeree”
Macchinario medico costituito da un piccolo compressore portatile fornito di maschera nasale ad uso dei pazienti che durante il sonno soffrono di gravi ostruzioni delle vie respiratorie ed in particolare della sindrome cosiddetta delle Apnee Notturne.
Nel corpo della caccia
Sull’oltreregno delle meraviglie antropiche bordeggia inquieto scafo
respiro affranto che candido mostro di pinne caudali all’onde
voluttuose torna delle sue placente azoiche e nel sogno dell’oltraggio
s’arrende al paradosso che nave s’aggruma e si rincruda in megattero
dinamico rimorso dischiuso all’iperscambio tra chiglia e strascico
pneuma strategico di un natante a guscio d’uomo e tuorlo animalesco
Che nei contesti feroci della ciurma fa convegno capitano immortalato
e sul polpaccio legnoso claudicando scruta l’orizzonte che a sbuffi gli risponde
tra beccheggi di cambuse, scalpiccìo di sagome, baruffe e ronde di mestiere.
L’arpione è lancia d’anima per uomini gettati alla tempesta
dardo inferto nel cuore intenso della preda che nel sublime affondo
lenisce questo dolore plumbeo che all’àncora scarlatta c’incatena
Esposizione
Esposizione nucleale di un alter ego che non sia Aristotele scienziato
bensì il miraggio puro e prometeico di un progetto inafferrabile
raccolto al mito del Titano che s’intravede in fuoco e scintillio di lingua.
Sonagli luminosi, sussurri ottici, radiosi strepiti d’introspettiva fiaccola
che in luce salmodiando l’organico scottante alla sua brace convertirà
Controluce
Che luce mia
s’intarsi per l’inverso
al bosco umbratile
allo stormire oscuro
di rami e foglie
sull’argine dell’alba
e l’ombra mia
si stagli per intero
sull’assolato
convegno delle forme
sul lato acceso
che eredita la notte
Ai posteri l’atlante
Macelli corpi
esposti all’empirico giudizio
ricomposti al ludibrio della scienza
monografia del sano
sindrome gemella in gogna luminosa
su sfondo bianco
alone estorto che assume impronta
su sindone cartacea
cartina patologica di un altro cielo
che per contrasto assiste alla rincorsa
di un lampo che traslucido rivanga
il tumulo di carta patinata
il dotto candido sepolcro
sottile come un foglio:
la marmopagina con epitaffio
Gabriele Pepe
Gabriele Pepe è nato a Roma il 14 novembre 1957. Tra le sue raccolte: PARKING LUNA edizioni Arpanet (Milano) 2002, DI CORPI FRANTI E SCAMPOLI D’AMORE edizioni Lietocolle Libri Faloppio (Como) 2004, L’ORDINE BISBETICO DEL CAOS edizioni Lietocolle Libri Faloppio (Como) 2007. E’ presente in molte antologie e suoi testi, recensioni e segnalazioni sono apparsi sia in rete che su carta.
Cinque componimenti, eterogenei eppure solidamente unitari, esprimono le durezze e le scontrosità di un tenero cuore provato.
credo che gabriele pepe debba lavorare in profondità sul linguaggio poetico al fine di spezzare l’elemento fonico-musicale dominante, da un lato, e il rapporto significante/significato, dall’altro, per esempio centralizzando i nomi, i sostantivi, altrimenti rischia di rimanere impigliato nel truismo-gramigna di tanta poesia nostrana… E’ una viva e operosa sensibilità poetica questa di gabriele pepe ma alla fine dei giuochi per ogni poeta conta il verso che è riuscito a costruire, visto che, per dirla con mandel’stam, il poeta è un artifex e non un predestinato
gino rago