L’avvertimento
Angelo non vede e non sente.
Quando la morte si avvicina
e la terra sa di stelle, i pirati
escono allo scoperto. Fanta-
smi o non fantasmi, lui ci parla
e combina affari. Questi se ne
vanno. – Ma torneranno. Prima
che accada dovremo cambiarci
d’abito. Non si sta sulla riva
al fiume pensandoci sull’isola
(del tesoro). Ormai ho una certa
età. E siccome mi tocca di essere
ancora vivo, bisogna che mi riac-
cenda (scintille dei ginocchi)
prima che sia notte, musica,
e prima di finire al pianeta dei
vivi ricordi. Silenzio di capezzale.
Angelo, che nome sottile il tuo.
Non cancellato. D’auto sportiva.
Poi passarono senza fretta due
vacche bianche. Una si voltò
e disse: «Il fegato arriva subito»
Gli ospiti
L’odore del fieno si sparse nella sala, fin sulle scale.
Gli ospiti ben vestiti per l’occasione si avvicinarono
chi tenendosi per mano, chi continuando a leggere.
La fonte calda dell’ispirazione chiamò a raccolta
anche i cadaveri dei piccoli animali sparsi tra i cespugli.
Biancaneve si mise a correre. Attraversò porte e muri,
si sdraiò per un poco sul fiume Sesia, poi ritornò felice
al suo cassetto, mandando baci. Addio. Gli ospiti, prima
si dileguarono, ma per un attimo, poi entrarono nei verbi
chi con gli occhiali da sole, chi come fosse me, nella mia bocca.
Il gusto dolce di soia drink alla vaniglia. Le termiti dell’aria.
Il caro prezzo della benzina sventolando.
Appassito
Ho dedicato metà della vita a descrivere l’altra metà.
Non ho vissuto due volte, mi sono solo disintegrato.
Dietro di me, nella scia invisibile trascino buona parte
del mare Mediterraneo (solo giorni di bel tempo
quelli secchi cadono da soli). Ma sono appassito.
Mi lecco la coda. Scambio figurine con persone mai viste.
Come ci conoscessimo da sempre.
Vivere senza malinconia
E ridere per le follie del mondo. Sopra un divano
pieno di pulci, ridere. Perché a spedizione avvenuta
il nero si è mosso come un robot. Non ho tenuto conto
dei gingilli che governano la ragione.
Lili, come in una poesia di Mario M. Gabriele, si toglie
dal divano mostrando la carrozzeria fatta di gomma.
Da masticare.
La sua testa è piccola, pari alla distanza che intercorre
tra il mio naso e il mento. E’ venuta a trovarmi
perché l’ho chiamata.
E’ bellissima.
Lucio Mayoor Tosi
Lucio Mayoor Tosi, poeta a tutt’oggi inedito, nasce in un piccolo paese circondato da vigneti, nei dintorni di Brescia. Ha studiato arte alla scuola di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. E’ pittore, grafico, pubblicista, artista digitale e poeta. Sue poesie sono state pubblicate su blog letterari, tra cui L’Ombra delle parole, La presenza di Erato (e i suoi “Quaderni”) e Poliscritture. E’ presente con 10 poesie nell’antologia di Giorgio Linguaglossa: “ Come è finita la guerra di Troia non ricordo”.
Quando leggo le composizioni di Lucio Mayoor Tosi mi ricredo, mi riconcilio con la poesia, finalmente una scrittura estranea al poetese, una scrittura esilarante e libera che libera la mente dalla ruggine delle parole corrive e consunte…
Io faccio come Basho, scrivo con quel che ho nel sacchetto: una ciotola, l’ago per cucire e un pennello.
Sembra davvero di udire un’altra lingua, nata adesso, che scopre un mondo di cui altrimenti non avremmo sospettato l’esistenza. I “pirati” sono proiezione delle paure sprigionate dallOmbra junghiana. Ma si è sempre impreparati alla morte, ci si ripromette un “cambio di avuto” ma lo si rinvia più avanti possibile; non sappiamo come vestire quando verrà il momento. Alcuni accostamenti poi hanno dello stupefacente, aprono una breccia su una dimensione che si richiude appena osiamo penetrarla fon l’intelligenza (un nome che fa venire in mente un’auto sportiva: Non si può spiegarlo, ma qualcosa dentro di noi si è acceso, un faro…). E ancora certi gesti di per sé insensati, ma che affondano fino a cogliere una profondità che non sapremmo infilare in altre parole (il gesto di scambiarsi figurine con un Altro, sconosciuto)
Cambio di abito*