Alceo fu, insieme con Saffo, il rappresentante maggiore della lirica monodica a Lesbo. Visse tra il VII-VI sec. a. C. Appartenente al partito democratico, combatté nella guerra per la conquista del Sigeo, lottò contro Mirsilo. Fallita una congiura contro il nuovo tiranno, riparò esule a Pirra. La morte del tiranno fu salutata dal nostro con grande gioia “Ora bisogna ubriacarsi e bere a forza poiché Mirsilo è morto”). Subì un secondo esilio di cui ignoriamo data, luogo e causa che lo determinarono. Sul ritorno in patria di Alceo dal terzo esilio durante la dittatura di Pittaco sappiamo che esso coincise con la guerra tra Astiage e Aliatte tra il 583 e il 573. Oscure sono le circostanze della sua morte. La poesia di Alceo è caratterizzata dalla diretta partecipazione ai fatti e agli eventi che la ispirarono, il linguaggio è ricco di metafore, allegorie, epiteti. Predominante è il motivo del vino, rimedio per resistere e scacciare gli affanni. Sappiamo che scrisse inni ad Apollo, Dioniso, Hermes. Dei carmi amorosi abbiamo poche tracce e riguardano i nomi dei ragazzi amati per la loro bellezza. Nella sua poesia prevale la cosiddetta strofa alcaica, strofa formata da quattro versi: endecasillabi il 1° e il 2°, enneasillabo il 3°, decasillabo il 4°; prende il nome da Alceo e fu ripresa da Orazio.
Decima musa
O coronata di viole, divina
dolce ridente Saffo.
Sul capo che ha molto sofferto
Sul capo che ha molto sofferto e sul petto canuti
sparga qualcuno la mirra.
Ma d’intrecciate corolle
Ma d’intrecciate corolle di aneto
ora qualcuno mi circondi il collo,
e dolce olio profumato
mi versi sul petto.
Solo il cardo è in fiore
Gonfiati di vino: già l’astro
che segna l’estate dal giro
celeste ritorna,
tutto è arso di sete,
e l’aria fumica per la calura.
Acuta tra le foglie degli alberi
la dolce cicala di sotto le ali
fitto vibra il suo canto, quando
il sole a picco sgretola la terra.
Solo il cardo è in fiore:
le femmine hanno avido il sesso,
i maschi poco vigore, ora che Sirio
il capo dissecca e le ginocchia.
Perché aspettare le lucerne
Beviamo. Perché aspettare le lucerne? Breve il tempo.
O amato fanciullo, prendi le grandi tazze variopinte,
perché il figlio di Zeus e di Sémele
diede agli uomini il vino
per dimenticare i dolori.
Versa due parti di acqua e una di vino;
e colma le tazze fino all’orlo:
e l’una segua subito l’altra.
(traduzione di Salvatore Quasimodo)
Divino Alceo e divino Salvatore Quasimodo!
Giorgina Busca Gernetti