Carmina burana è una silloge poetica medievale. Compilata verso la metà del XIII secolo, comprende 315 componimenti, parte in latino, parte in diversi dialetti germanici, francese e provenzale. Prende il nome dal convento di Benediktbeuern (Bura Sancti Benedicti) in Baviera dove fu ritrovato il manoscritto. Costituiscono il documento più cospicuo della cosiddetta poesia goliardica. Col termine goliardi si designavano i cosiddetti Clerici vagantes (XII – XIII sec.); studenti, ecclesiastici e monaci che andavano vagando da un’università all’altra, dove li chiamava la fama di qualche insigne maestro. La loro poesia, per lo più in lingua latina, ritmata sugli inni sacri, meno spesso sui canti popolari, esaltava spregiudicatamente la gioia di vivere, la voluttà dell’amore, l’ebbrezza del vino, oppure aveva contenuto satirico. Alcuni composti in esametro, la maggioranza ha la forma metrica accentuativa, il cosiddetto metro goliardico, distico in base trocaica costituita da un settenario sdrucciolo di ritmo ascendente unito a un senario piano di ritmo discendente. I poeti di maggior rilievo appartenevano in linea di massima all’area franco-renana, quali Filippo il Cancelliere, Ugo di Orleans, Archipoeta di Colonia, Gualtiero di Chatillon e Pietro di Blois. I Carmina Burana si distinguono in quattro sezioni: Carmina moralia (comprende poesie scritte in latino medievale a carattere satirico, coglie i difetti dei diversi nuclei sociali); Carmina amatoria (comprende poesie d’amore, i componimenti sono in volgare); Carmina lusoria et potatoria (canti di bevuta in cui si esalta il vino e la taverna); Carmina divina (comprende componimenti liturgici e liriche sacre). Vi proponiamo il canto 196.
IN TABERNA QUANDO SUMUS
(Carmina burana, 196)
In taberna quando sumus
non curamus quid sit humus,
sed ad ludum properamus,
cui semper insudamus.
Quid agatur in taberna
ubi nummus est pincerna,
hoc est opus ut queratur:
Si quid loquar, audiatur.
Quidam ludunt, quidam bibunt
quidam indiscrete vivunt.
Sed in ludo qui morantur,
ex his quidam denudantur,
quidam ibi vestiuntur,
Quidam saccis induuntur.
Ibi nullus timet mortem,
Sed pro Baccho mittunt sortem.
Primo pro nummata vini:
ex hac bibunt libertini.
Semel bibunt pro captivis,
post hec bibunt ter pro vivis,
quater pro Christianis cunctis,
quinquies pro fidelibus defunctis,
sexies pro sororibus vanis,
septies pro militibus silvanis,
octies pro fratribus perversis,
novies pro monachis dispersis,
decies pro navigantibus
undecies pro discordantibus,
duodecies pro penitentibus,
tredecies pro iter agentibus.
Tam pro Papa quam pro Rege
bibunt omnes sine lege.
Bibit hera, bibit herus,
bibit miles, bibit clerus,
bibit ille, bibit illa,
bibit servus cum ancilla,
bibit velox, bibit piger,
bibit albus, bibit niger,
bibit constans, bibit vagus,
bibit rudis, bibit magus,
bibit pauper et egrotus,
bibit exul et ignotus,
bibit puer, bibit canus,
bibit presul et decanus,
bibit soror, bibit frater,
bibit anus, bibit mater,
bibit ista, bibit ille,
bibunt centum, bibunt mille.
Parum durant sex nummate,
ub ipsi immoderate
bibunt omnes sine meta,
quamvis bibant mente leta,
sic nos rodunt omnes gentes,
et sic erimus egentes.
Qui nos rodunt confundantur
et cum iustis non scribantur.
*
Quando siamo in osteria
la realtà se ne va via
ma il gioco ci affrettiamo
per il quale noi impazziamo.
Ciò che accade all’osteria
dove il soldo fa allegria
questa è cosa interessante
ascoltate a orecchie attente:
C’è chi gioca e c’è chi beve
chi indecentemente vive.
C’è chi è vittima del gioco
e a chi resta niente o poco
c’è chi n’esce riverito
chi di sacco è rivestito.
Lì nessuno teme la morte
ma per Bacco sfida sorte.
Brindiam a chi paga vini
poi beviam coi libertini
un bicchier al carcerato
e poi tre per il creato
quattro per tutti i cristiani
cinque per i morti anziani
sei per l’uom con l’armatura
sette per la donna impura.
Otto ai figliuol perversi
nove ai monaci dispersi
dieci per i naviganti
undici per i litiganti
dodici per i penitenti
tredici per i partenti
per il papa o per il rege
bevon tutti, senza legge.
Il signor con le signore
beve il clero e il cavaliere
beve questo, beve quella
beve il servo con l’ancella
beve il vivo, beve il pigro
beve il bianco, beve il negro,
beve il certo, beve il vago
beve il tonto e beve il mago.
Beve il povero e il malato
beve il triste e l’esiliato
beve il bimbo con l’anziano
beve il prete col decano
il fratello e la sorella
l’ammogliata e la zitella
beve questo, bevon quelle
bevon cento, bevon mille.
Poco duran sei denari,
e bevon tutti senza pari.
Se anche bevon a mente lieta,
ci fan proprio tutti torto,
e così siam poveracci!
Chi ci sprezza sia confuso
e fra i giusti non sia incluso.
L’ha ribloggato su "RAPSODIA" di Giorgina Busca Gernetti.
E’ molto interessante conoscere non solo la letteratura colta del Basso Medioevo, ma anche quella popolare e, in questo caso specifico, i Canti Goliardici dei “Clerici vagantes” , cioè degli studenti universitari desiderosi di alta cultura, per cui vagavano tra le migliori Università alla ricerca di Professori insigni, ma anche bramosi di bevute all’osteria, di amori e amorazzi, in breve di divertimento in compagnia, cantando questi “carmina” talora su musica sacra rubata agli inni religiosi. Accadeva spesso che dalle belle chiese dell’epoca (sec. XII e sec. XIII d. C.) echeggiassero Inni rivolti a Dio o a Maria e dalle osterie poco lontane, sulla stessa musica, echeggiassero, meglio, rimbombassero i Canti di cui Luciano Nota ha offerto un significativo esempio in questo pregevole e ben documentato saggio sui “Carmina Burana”. Di grande valore artistico sono i manoscritti di quei secoli, spesso veri capolavori di miniatura nei capolettera. Ma è certamente indescrivibile il loro valore intrinseco storico-letterario, poiché molta parte delle letterature greca, latina e volgare italiana, o francese, provenzale, germanica è giunta a noi grazie agli amanuensi che nello “scriptorium” delle Abbazie Benedettine copiavano o ricopiavano manoscritti più antichi.
Un ringraziamento a Luciano Nota per la preziosa offerta di questo documento che mostra un aspetto della vita medioevale meno noto della letteratura colta e dei grandi poeti.
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Giorgina Busca Gernetti