Paolo Ruffilli ci fa scoprire in queste pagine il temperamento romantico di Canova, dietro a una sensualità e a una passionalità che ben poco hanno a che fare con le ingiuste accuse di freddezza e di distacco rovesciate addosso allo scultore nel corso del tempo. Dopo il grande successo in vita infatti l’opinione dei più era andata declinando verso l’ostracismo, per effetto anche dell’involuzione che il neoclassicismo aveva preso nella copia di maniera dei modelli classici. Ma, per Canova, il neoclassicismo è solo un’occasione propizia per mantenere in equilibrio il suo temperamento passionale e per consentire, con la purezza delle linee, delle forme e dei colori, di esaltare quel fascinoso soffio vitale che anima i corpi degli uomini e, in particolare, delle donne. Corpi che riescono a palpitare nel flusso del sangue e ad animarsi del loro colorito perfino nel marmo. “Amore e Psiche”, le “Tre Grazie”, “Paolina Borghese”, “Maddalena penitente”, la “Ninfa addormentata”, la “Venere italica”: sono statue all’insegna di una grazia che attraverso il controllo della ragione trasforma gli aspetti sensuali del desiderio in una idealità capace di dare durata eterna all’acme della passione. Ambientato nella Gipsoteca di Possano, il racconto di Ruffilli, attraverso i gessi che si muovono eterei dentro le stanze, bianchi come fantasmi, bene rappresenta la capacità di Canova di suggestionare e coinvolgere con quella forza che ha saputo intrecciare i visceri alla ragione.
(Dall’editoriale del volume)
Ho sempre provato grande attrazione per il lavoro di Antonio Canova e una predilezione particolare, non per tutta la sua vasta produzione, ma per alcune sue opere straordinarie, d’accordo con quello che pensava di lui Stendhal ( “ Canova ha avuto il coraggio di non copiare i greci e di inventare una bellezza, come avevano fatto i greci” ), definendolo come l’autore che “ ha creato cento statue, trenta delle quali sono capolavori”. Potrei elencarne alcuni di questi capolavori assoluti, come “Amore e Psiche, le “Tre Grazie”, “Paolina Borghese”, “ Maddalena penitente”, la “Ninfa addormentata”, la “Venere italica”: nella rappresentazione del corpo femminile, statue all’insegna di una grazia che attraverso il controllo della ragione trasforma gli aspetti sensuali del desiderio in una idealità capace di dare durata eterna all’acme della passione.
(Dalla Presentazione di Paolo Ruffilli)
Quando ho chiesto a Paolo Ruffilli una breve sceneggiatura per realizzare il cortometraggio sull’opera di Antonio Canova, l’ho pregato di tentare con parole semplici di offrire a uno spettatore mediamente poco informato la chiave di lettura per entrare nell’esperienza tutt’altro che semplice dello scultore di Possagno. Io stesso avevo di Canova un’idea approssimativa, condizionata dal luogo comune che indicandolo come uno dei massimi esponenti del neoclassicismo lo chiude nel cliché del modello supremo dell’arte classica rivissuta alla luce degli scavi archeologici di Roma antica e di Ercolano.
(Dalla prefazione di Sandro Bolchi)