Dal mesto girone terreno
A quale inferno t’incontro
– padre della voce
ugola dei pensieri-
in quest’alba di terzo millennio?
Dagli schermi canti irosi irsute
invettive melodie dell’umana
transizione nelle profetiche fantasie
in contrappasso come vedesti
e a volere l’utopie a volerle tutte
dentro il volto amaro del tempo
eppure la bellezza su tutto vince
tu dicesti
ma siamo dentro un gran vento
che ci vortica in gironi
a gridare nome e nome
dolore e dolore sotto la pianta
che sotterra fra le radici la verità.
Oh laida Italia o uomini dabbene
uomini da niente e infami creature
che nessuna pietà salva
madonna Beatrice là t’attende
dov’è troppa luce troppa a dire
l’aspetto di un Dio.
Torneremo
a riveder le stelle a rivederle
come brillano nella fredda notte
dell’inverno e a scaldarci al fuoco
d’amore che in eterno brucia.
La lingua degli umili
Molto dicesti nel vagare
di terra in terra esule sempre
con lingua di popolo a ridire
scopristi sembianze eterne
Beatrice esclamasti ed era idea
non corpo non carne
ma luce estatico fulgore .
Andasti per terre con piedi amari
non reso non piegato in alto
altissimo a vedere il fondo
e più in alto ancora fra gelidi cristalli
per tornare a nuova rima di poesia.
Parlasti poi con umile lingua
così che fosse ognuno degno
della comedìa a cui partecipava
non più comparsa e spettatore
ora protagonista
donasti la parola a chi parola
non aveva né altro bene
che la schiena curva sotto il cielo
e le schiene curve sono sempre uguali
e parlano poco.
Si chinarono sui tuoi versi
maestri e imperatori – prelati
e venditori – soprattutto innamorati
che della tua visione fecero
precetto e durarono nei tuoi versi
e durano a riscoprirli nuovi- eternati-
dal tuo sguardo veggente.
Narda Fattori