Maria Grazia Di Biagio è nata a Teramo. Laureata in lingue e letterature straniere (Tedesco – Inglese) all’Università “G. D’Annunzio” di Pescara, dove attualmente vive e lavora, ha contribuito, con la sua Tesi sul Dialetto Vallese di Rimella”, alla stesura di un vocabolario a salvaguardia dei dialetti Walser in Piemonte.
Una sua silloge poetica dal titolo “Blue Songs” è stata semifinalista al Concorso “Ilmioesordio” edizione 2011 di La Feltrinelli e si è classificata al 3° posto nella I Edizione del Concorso Nazionale “Il lancio della penna” 2011 di Bari. Suoi testi sono presenti in numerose antologie. Ha pubblicato “Nella disarmonia dell’inatteso” Bel-Ami Edizioni, Roma, 2012.
Da quanto tempo siamo uno?
Noi c’eravamo quando si giocò
la sorte della frutta e prima ancora
a sostenere l’innocenza di Lucifero
Ci siamo stati coi fiammiferi
a fare il palo per Prometeo e con la Nikon
aspettavamo Armstrong sulla luna
Come potrei volertene per la dimenticanza
dei nostri compleanni millenari.
*
Un attimo prima del diesis
ai battibecchi delle gazze ladre
si replica il primo dei giorni
di apprendistato della clorofilla
per le mangrovie incerte.
Come possa la tua figura stare
compiuta – sopra un dinosauro neonato
a quest’ora del mondo – è un mistero
da indagare nei fondi del caffè
dopo il consueto stupefatto buongiorno.
*
Lasciati guardare addormentato
mentre sogni un finale diverso
per noi o la rivoluzione
che poi è lo stesso film
che cerca un produttore.
Fuori piove impaziente settembre
ma questo è il deserto dell’oasi
la terra che scorre lenta
chiusa nel tuo respiro
e non ti toccherò
per non svegliarmi.
*
Se mi ostino nel farmi parola
sui baffi del gatto che dorme la mia tregua
è per la polvere che cade sul tappeto
quando il pendolo non guarda.
Sedimento per grazia d’inerzia
con le spore quiescenti dei muschi
convinta come un welcome sulla soglia
per chi arriva dal novemilatredici.
*
Fui rasa al suolo
dal cielo sanguinario di una sera.
Mi rese muta incandescente luna
ed ebbe l’accortezza
di non voltarsi indietro.
*
Evento distrattivo del legamento
peroneo astralgico anteriore
Opportuno praticare esame nel persistere…
Rallentare. Stare.
Assecondare il tempo della distorsione
Prendere forma d’acqua
Stagnare nell’invaso fino al vapore
Salire a guardarsi da fuori
Cose mai viste sotto lo spessore
Tatoo di geroglifica memoria
Impronte fossili di mani
Talismani cuciti sul rovescio della vita
Il baciarsi dei piedi sommesso
mentre si parlavano le bocche
risale e si fa infermiere.
*
Uno scampanellio di cucchiaini e risa
liquide di donne – dal giardino accanto –
c’era odore di sesamo a distrarre
le persiane dall’assalto della luce
Sul muro – in croce una zanzara.
Finisce così ogni volta
Una vita a fermare i ricordi migliori
e ti restano quelli in cui nemmeno c’eri.
*
Nell’incavo deserto di un nido, si avverte
il vuoto reso da una galassia in fuga
Lo smarrimento che assale l’astronomo
all’ipotesi di un oltre che non vede.
Il vuoto sta ancorato all’y del ramo
per altre cove e schiuse, altre partenze
Verso il limite che acceca il telescopio
l’universo del vicino è più stellato.
*
Di tutti i suoni che vestono il silenzio
il più incessante è la voce che manca.
Uno sfinimento di ricami bianchi
– fatti di neve – che a starci dentro brucia.
Ci fosse almeno una tormenta da scontare
un lupo maledetto in piena regola
a minacciare morte o amore eterno –
io mi saprei difendere – cosa credi.
Passo le notti ad affilare unghie
su questa neve che dilata effetti –
quozienti approssimati – rabbia persino.
Se non parli – come faccio ad ammazzarti
prima delle quattro del mattino – quando
gli spazzini ritirano l’organico.
*
Ho tanto di quel cielo in tasca
da ospitare un volo – che sia
un ibis rosso o un biposto a bucare
la densità costante della pausa –
il punto scarlatto che fissa la vertigine
così da prenderla – spaurita e pura –
coltivarla in un palmo di mano.
Che ritmo! . C’è un supplemento femminile in questi versi: è all’opera una poeta che non ha paura di mostrare la sua personalissima realtà, così sciolta nell’inconciliabile vicend della narrazione di una vissuto in “guerra” fra silenzi ed unghie da affilare. Ed anche altro scrivere, naturalmente, ma queste tracce di amazzone mi conquistano più di altri intrecci. Complimenti.