SECONDA EDIZIONE PREMIO LETTERARIO “L’ALBERO DI ROSE” – SEZIONE POESIA INEDITA A TEMA.
PRIMO CLASSIFICATO:
BOSCO DEL MAGGIO
Precipita, o notte, nella gola
stellata dell’orologio
e scava, come sai, nella voce scalena
della Terra:
sarà voglia, stasera,
d’appoggiare una scala sul buio –
salirvi incontro alla Luna scalza –
oppure monteranno
un’elica sopra la bicicletta e,
pedalando pedalando,
s’inabisseranno in verticale verso di Lei –
per toccare la Meravigliosa
i bambini hanno stretto patto
d’amicizia
proclamato libera Repubblica lunare:
innalzeranno nuovo Albero della Libertà.
Vi danzeranno attorno stasera
imparandolo dai grandi.
Tu qui sollévati, orlo del cielo,
in questo luogo di sapienza
mostra l’Albero del Maggio.
Antonio Devicienti
SECONDO CLASSIFICATO:
L’ARSURA DI MAGGIO
Sui tratturi della mia terra risuonano
passi di transumanza di fine stagione,
l’inverno ostinatamente vigile dietro le ginestre.
Qui anche la nostra ora ascolta il cuore
trafitto da pensieri soli; e ci lascia
come un violino spento nella notte.
Fratelli giungono da vicoli arrossati
perduti nel tempo. E’ già l’ora.
Qua e là un rigurgito di cielo imbronciato,
l’addio della fanciulla dalle gote d’oro.
E ce ne andiamo, voi ed io, trepidi di rabbia
a piantare ulivi nelle serre, qualche volta
con le braccia ai fianchi, qualche volta
col pallore d’ombra dei canneti.
Sotto di noi l’accenno della luce:
mare e paesi e vigne mangiati dalle frane,
un bitorzolo d’argilla rossa come la malaria
diffusa da un niente pellegrino dentro di noi.
E saremo sangue con le macerie sulle spalle,
l’ultima presenza a ritardare il sonno
prima che l’acqua dei fiumi arrivi al grano
che l’arsura di maggio muterà in gramigna.
Dalle grondaie alle immediate vicinanze
della piazza dove un tempo i terroni sputavano
insieme vino e sangue, rimane ancora spazio
di verde alla brigata d’amici che ci sopravvive.
Benito Galilea
TERZO CLASSIFICATO:
UNA ROSA BLU
Una rosa blu fiorita tra le mani
dopo la notte lo sguardo straziato;
frange la speranza del domani
quel volo spezzato, le ali spente sul prato.
Sorride sempre la vita, solo fugace miraggio,
piange di pioggia in silenzio il mese di maggio.
C’è una macchia di carta, vibra di colore,
nel verde vivace dove brilla il tuo vestito
accende la memoria di acuto dolore
il suono dei tuoi tacchi ora smarrito.
C’è ancora una parola, resta appesa a un filo
ma non basta ad accendere il respiro;
c’è la rosa blu, posata là nel prato,
ma non basta, è un fiore spezzato.
Soltanto quel tendere più alto verso il cielo
non soffoca l’anelito, dà vita al pensiero,
soltanto quel vento, segreto tra le foglie,
è lingua diversa che apre nuove soglie.
Maria Francesca Giovelli
MENZIONE DI MERITO:
LA BAMBINA CHE PARLAVA AGLI ALBERI
Qualcuno si chiede se sia mai esista
la bambina che parlava agli alberi
ha nascosto un sogno nella scatola di latta
la lettera è rimasta intatta e il sogno, chi lo sa?
Qualcuno si chiede cosa dicesse
la bambina che parlava agli alberi
un sogno di latta e radici di vento
eccola, fa capolino dietro il tronco.
Qualcuno si chiede se sia mai esistita
la bambina che parlava agli alberi
ho trovato la sua scatola di latta
intatta, sepolta sotto l’albero in giardino
quando l’ho aperta – le mani tremanti –
tutte le parole sono volate fuori…
Un soffio d’autunno come le foglie
dell’ippocastano, anche loro sono andate
lontano, sono appassite nel sogno.
Non c’è più nessuno ad ascoltare
solo l’albero lì fermo ad aspettare…
che spuntino le foglie, che torni, prima o poi
la bambina della scatola di latta,
perché non può essere lei quella che
la tiene in mano se non sa più giocare
se non sa ascoltare, non può essere lei
la bambina che parlava agli alberi
se adesso non ne è più capace…oppure sì?
Valentina Meloni
GLI ULIVI
Guardaci, bisbigliano gli ulivi nella luce
tenue di un crepuscolo, siamo il tuo
respiro.
Guido.
Non mi abbandona un accenno di sorriso,
una piega, un vezzo di stolta beatitudine.
La sera dischiude uno spiraglio. Accendo
i fari. – Siamo il tuo itinerario, il tuo
tormento -. La giacca è reclinata sul sedile.
Si spenge fievolmente una canzone di cui ignoro
ma ripeto e invento e inverto ossessive le parole
che sono una resa e un abbandono.
Noi dimoriamo, dicono gli ulivi, nella
cesura dello sguardo,
siamo un piccolo assaggio, una promessa,
un grido, un soffio, un graffio di felicità.
Paolo Polvani
L’ha ribloggato su n a n i t a e ha commentato:
LA BAMBINA CHE PARLAVA AGLI ALBERI
Qualcuno si chiede se sia mai esista
la bambina che parlava agli alberi
ha nascosto un sogno nella scatola di latta
la lettera è rimasta intatta e il sogno, chi lo sa?
Qualcuno si chiede cosa dicesse
la bambina che parlava agli alberi
un sogno di latta e radici di vento
eccola, fa capolino dietro il tronco.
Qualcuno si chiede se sia mai esistita
la bambina che parlava agli alberi
ho trovato la sua scatola di latta
intatta, sepolta sotto l’albero in giardino
quando l’ho aperta – le mani tremanti –
tutte le parole sono volate fuori…
Un soffio d’autunno come le foglie
dell’ippocastano, anche loro sono andate
lontano, sono appassite nel sogno.
Non c’è più nessuno ad ascoltare
solo l’albero lì fermo ad aspettare…
che spuntino le foglie, che torni, prima o poi
la bambina della scatola di latta,
perché non può essere lei quella che
la tiene in mano se non sa più giocare
se non sa ascoltare, non può essere lei
la bambina che parlava agli alberi
se adesso non ne è più capace…oppure sì?