Fidia è il principale artista del V sec. a.C. Scultore e architetto, nacque ad Atene tra il 490/480. L’acme della sua attività si ebbe nell’età di Pericle, quando si fece interprete degli ideali estetici e politici dello stratega nel rinnovare i monumenti dell’Acropoli. Tra il 450 e il 432 vanno attribuite le maggiori opere fidiache in Atene (nel 447 Pericle gli affidò la direzione dei lavori del Partenone). L’inaugurazione nel 438 della grande statua crisoelefantina di Atena Parthenos nel Partenone segnò il culmine della sua fama. Subì due processi: nel primo fu accusato d’essersi appropriato di parte dell’oro e dell’avorio destinati alla statua della Parthenos (in tale processo riuscì a dimostrare la sua innocenza); nel secondo l’accusa fu di empietà per aver osato raffigurare se stesso e Pericle fra gli eroi dell’amazzonomachia nello scudo della Parthenos. In realtà l’artista aveva raffigurato Dedalo e Teseo. Morì intorno al 430 molto probabilmente nel carcere di Atene. La figura di Atena (ricordiamo anche la statua bronzea di Apollo Parnopios, eratta sull’Acropoli) rappresenta una costante nell’attività di Fidia. L’Atena Areia di Platea imbracciava lo scudo con la mano sinistra e nella destra teneva una patera. L’Atena Promachos, eretta tra i Propilei e il Partenone, sorreggeva con la mano destra una Vittoria, una statua bronzea alta ben 7 metri. L’Atena Lemnia fu raffigurata senza elmo con il volto pervaso da divina pacatezza. L’Atena Parthenos, modellata in oro e in avorio, con le pupille di gemme, vestiva il peplo con l’egida e portava nella mano destra protesa una Vittoria d’oro, nella sinistra la lancia e lo scudo. All’interno dello scudo era raffigurata la gigantomachia, all’esterno l’amazzonomachia. Di queste immagini di Atena sono sopravvissute solo copie tarde. Ricordiamo infine lo Zeus crisoelefantino di Olimpia, annoverato tra le 7 meraviglie del mondo. Il colosso era alto circa 12 metri e mezzo: Zeus seduto, coronato d’ulivo, avvolto in un manto ornato di gigli. Nella mano destra il dio reggeva una Vittoria, nella sinistra lo scettro sormontato dall’aquila. Ne sopravvive memoria in alcune monete. Scrive Pausania (libro V, 11, 1-10): Il Dio, costruito d’oro e d’avorio è assiso in trono; una corona, che imita i rami di olivo, gli sta sul capo. Egli porta nella mano destra una Vittoria, anch’essa d’avorio e d’oro, che tiene una tenia e porta una corona in testa. Nella mano sinistra del dio è uno scettro ornato di ogni genere di metalli. L’uccello, che è posto in cima allo scettro, è l’aquila. D’oro sono anche i calzari del Dio e così pure il mantello; sul mantello sono posti come ornamento piccole figure e fiori di giglio. Il trono è variamente ornato di oro e pietre preziose ed anche di ebano e d’avorio, ed in esso ci sono figure rappresentate in pittura e figure scolpite. In ciascuna delle gambe del trono sono quattro Vittorie, che rappresentano lo schema delle danzatrici; ce ne sono poi altre due alla base di ciascuna gamba. Sopra ciascuna delle gambe anteriori si trovano dei fanciulli tebani rapiti da Sfingi, e, sotto le Sfingi, Apollo e Artemide saettano i figli di Niobe. Tra le gambe del trono sono quattro sbarre, ciascuna delle quali traversa dall’una all’altra gamba. Sulla sbarra anteriore (quella che c’è proprio dirimpetto all’entrata) si trovano sette statuette; l’ottava infatti non sanno in che modo sia sparita. Sopra alle rimanenti sbarre è rappresentata la schiera combattente con Eracle contro le Amazzoni; il numero di queste e di quella insieme è di ventinove. E Strabone scrive (Geografia VIII 3, 30) : […] Era fatta di avorio ed era così imponente che, sebbene il tempio fosse molto grande […] Zeus, seduto, sfiorava il soffitto con la testa, dando l’impressione che, se si fosse alzato in piedi, avrebbe sfondato il tetto […].

Atena Varvakeion, copia romana di Atena Parthenos, Museo Nazionale di Atene

Zeus di Olimpia
L’ha ribloggato su Paolo Ottaviani's Weblog.