RITORNO
Vengo a trovarti di maggio
senza fiori di cortesia. Non c’è luogo
dove trovi più accoglienza il palco degli assenti.
Vivrò la festa con i tuoi occhi,
i miei sono frantumati tra le stelle.
Avresti dovuto vedermi – allora –
nel giogo dei cento bovi o quando
scortecciavo a nudo l’anima del Maggio.
Il sole ha annunciato i giorni ruffiani
e posso immaginarti, figlio mio,
a misurare con lo spirito dei boschi
l’altezza suprema dello sposo,
la grazia leggiadra della sposa.
Posso fingermi – con te cerimoniere –
nel rito nuziale adorno di rose rosse
mentre i canti di passione preparano
il sacramento dell’unione.
Sul palco ci sono le antiche madri
con la centa delle candele sulla testa,
nelle mani i grani della speranza pregata.
Ali di sparviero hanno portato la memoria
dei migrati, fedele ai cortei votati al Santo,
ai baci dell’amplesso arboreo
da cui sei nato, fiore a cui la pianta
affida la sopravvivenza. Invitami alla festa
e lascia una coppa di vino per me,
alleanza con chi non c’è più.
Fanne pendaglio per i tuoi figli,
promessa legata all’uscio di casa.
Onofrio Arpino