Autori lucani: Onofrio Tataranni, di Giovanni Caserta

03Scoppiata la rivoluzione del 1799 a Napoli e proclamata la Repubblica napoletana, il Comitato provvisorio lanciò l’idea di un catechismo, cioè di uno scritto che, costruito per domande e risposte, in forma semplice, ma sempre precisa e non ambigua, spiegasse al popolo che cos’era la Repubblica napoletana e su quali principi si fondasse. Vincitore risultò Onofrio Tataranni, nato a Matera il 19 ottobre 1727, sacerdote, canonico della Cattedrale, già alunno e poi insegnante nel seminario della sua città, che a Napoli si era trasferito molto probabilmente per interessi culturali, essendo studioso di problemi filosofici, teologici e matematici.

Che un sacerdote aderisse alla rivoluzione del 1799 non deve apparire strano, molti essendo stati i casi di uomini della Chiesa che, a differenza del cardinale Ruffo e in contrasto con la Chiesa ufficiale, si schierarono con i “giacobini” napoletani e salirono, durante la reazione, sul patibolo. Il caso di Onofrio Tataranni può suscitare qualche curiosità in più avendo egli, nel 1799, già settantadue anni ed avendo scritto, in precedenza, opere di elogio per la casa borbonica. In realtà non ci sono contraddizioni o cambiamenti di rotta. Tra i 1784 e il 1788, infatti, Onofrio Tataranni aveva scritto un’opera in cinque volumi, intitolata Saggio d’un filosofo politico amico dell’uomo, in cui erano enunciate tutte le sue idee favorevoli alla riforma, alla democrazia e alla libertà. Che poi Tataranni si dichiarasse fedele alla dinastia borbonica, non è meraviglia, perché, sull’esempio del padre Carlo III e del suo ministro Tanucci, molti intellettuali credevano che anche il nuovo re, Ferdinando IV, si sarebbe mosso in linea con le indicazioni che venivano dal riformismo illuminato, il quale, dal punto di vista di Onofrio Tataranni, e non solo suo, ben poteva accordarsi con la dottrina della Chiesa e col suo messaggio politico e civile, che, così come contenuto nel Vangelo, anticipava di secoli quello di fratellanza, libertà e uguaglianza fra i popoli e gli individui. Il nuovo filosofo della Ragione, perciò, non solo non entrava in conflitto con il teologo, ma anzi si accordava perfettamente con lui. In fondo, a guardar bene, erano le posizioni che, poi, sarebbero state anche di Manzoni e Gioberti, Rosmini e Lambruschini.

04Su queste premesse, Tataranni poté immaginare un ritorno ad una umanità tutta unita in una unica grande nazione nella concordia e nell’amore, così com’era stata alle origini, quando l’uomo fu creato. E’ vero, infatti, che ” Ngli uomini che abitano questo globo, sono tutti fratelli ed amici, poiché costoro hanno un Padre comune e i dritti uguali ai doni di Natura“. Di veramente interessante c’è che, secondo Tataranni, questo passaggio verso una nuova grande stagione dell’umanità sarebbe avvenuto attraverso una “naturale confederazione europea”, diretta da un Congresso Europeo, cui avrebbe dovuto far sèguito la Costituzione di una “Dieta Universale”, che altro non sarebbe se non una sorta di Società delle Nazioni o, meglio ancora, ONU. E’ logico che, su queste premesse, Tataranni si trovasse su entusiasmante accordo con l’esperimento di una società comunista, così come fu adombrata e avviata a San Lèucio, in provincia di Caserta, da parte del re Carlo III di Borbone.

Purtroppo, le premesse e conquiste riformiste, conseguite con Carlo III di Borbone, sarebbero state vanificate dal suo successore, il citato Ferdinando IV di Borbone, soprattutto ad opera della moglie Maria Carolina e soprattutto dopo che la sorella di questa, Maria Antonietta, era stata decapitata in Francia. Il terrore invase la casa regia, che si chiuse ad ogni novità e, anzi, annullò tutti i provvedimenti liberali precedenti. E’ su questa base che avvenne la rottura traumatica fra l’intellettualità illuminata meridionale e la monarchia. Il che spiega il fatto che quella intellettualità si trovasse presto unita nella rivoluzione. Fu il cammino anche del vecchio Onofrio Tataranni, che si pose umilmente alla stesura del suo Catechismo, ottenendo il primo premio e salutando, con le parole di Tacito, i nuovi tempi “di rara felicità”, perché, finalmente, “era lecito pensare quel che si voleva e dire quel che si pensava”.

05Non si sa come e perché Tataranni, a differenza di molti altri “rivoluzionari”, sia riuscito a sfuggire alla reazione borbonica. Molto probabilmente, non avendo partecipato materialmente agli eventi di quei mesi, perché già molto vecchio e malandato in salute, riuscì a far passare inosservata la sua presenza in città; quindi, nella confusione generale, riuscì a tornare nella sua lontana Matera, che si era fatta notare per la sua strenua difesa della monarchia e della casa borbonica, fino ad entrare in guerra con la vicina Altamura, asserragliata su posizioni repubblicane.

Le amicizie e il rispetto di cui godeva all’interno della Chiesa materana gli consentirono di vivere indisturbato fino alla fine dei suoi giorni, avvenuta tre anni dopo, il 27 marzo 1803. Sue opere, oltre quelle citate, sono: Ragionamento sul carattere religioso di Carlo III (1789), Ragionamento sulle sovrane leggi della nascente popolazione di San Lèucio (1789) e Breve memoria sull’educazione nazionale della nobile gioventù guerriera (1790).

Giovanni Caserta

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