Non siamo nuovi agli exploit letterari di Caterina Davinio, sempre ardimentosi, sapidi, virulenti. Violenti e amaramente angosciosi. Questo romanzo, vale la pena ricordare che “romanzo” è narrazione di eventi che riguardano persone, si gioca con pochi personaggi che si muovono sul lato della scarnificazione fisica aumentando contemporaneamente una sensibilità rapace , costruita su un Es che si è impadronito di tutto, del fisico, della forma, del dato e diventa ombra sempre più scura e impenetrabile. In questo mondo agonico, di insopportabile dolore e di altrettanto insopportabile piacere, si inoltra Carmela, giovane (?) , sposa, inquieta (?) che si lascia catturare dalla ragnatela di un signor X, molestatore telefonico. L’assenza di un nome , da parte del signor X , segnala che la sua visione appartiene ai sogni, all’immaginazione, alla violenza che abita le viscere della protagonista. Leggiamo un romanzo sul male dell’amore: l’amore si rannicchia nell’oscurità, si frappone alla luce, chiede e non dà, ruba godendo del dolore altrui. Il signor X trasforma la “comune” Carmela in Luna , depravata, insaziabile di sesso, infida e eroicamente infelice. Nel romanzo sono totalmente assenti descrizioni fisiche, cosicché il signor X ha le beltà che si desiderano in un uomo: fisico perfetto, volto dai lineamenti suggestivi, sguardo acuto , espressivo e ipnotico. L’innamoramento di Luna trascende l’omologo maschile, la donna va oltre alla ricerca delle radici del dolore e del piacere: Eros e Thanatos hanno lo stesso corpo bifronte e condividono le pulsioni e le azioni. Quando finalmente la protagonista sente che è lei a reggere le redini del rapporto, chiede al compagno di spingersi sempre più oltre sul terreno dell’annientamento, lui abbandona il gioco , forse è veramente innamorato; Luna invece cerca disperatamente la cessazione del dolore e della sua acuzie. Troverà, lei animale rattrappito, topo che le vive e si nutre delle sue viscere, Brigitte, un transessuale. Ma anche lei non riesce a sopravviversi. Torna alla casa avita, spoglia, con un padre anziano che ciabatta per dirsi ancora vivo. Qui si colloca un lungo flash-back sulla morte per malattia della sorella amata. Un lettore attento ’aspetterebbe di cogliere le origini delle disfunzioni sul piacere e sul dolore di Luna. Pare che la psicologia conosca tutti i malanni senza nome, e invece no. La morte della sorella è solo una tregua in tanta angosciata disperazione. Luna riparte nel suo viaggio buio con una sola idea: un volo in curva e stop. Incontrerà chi vorrebbe portarla alla normalità, naturalmente va incontro al fallimento. La fine, comme il faut, qui è taciuta. Il romanzo di Caterina si legge voracemente . Scritto con un dettato veloce, non compiaciuto, trascina il lettore a chiedersi…” che altro?”. Se il linguaggio è limpido, a “Sensibìlia” non manca la struttura: suddivisi in sette sezioni, cinque si appellano ai sensi, il sesto è il settimo conducono verso la conclusione. Tuttavia la struttura non irrigidisce la narrazione , anzi salda i nodi narrativi. La lettura di questo romanzo è senza dubbio un’esperienza che smuove le sensibilità pigre, le intelligenze miopi, le solitudine perdute nelle gazzarre. Sgradevole ma intenso, un bell’esempio di scrittura.
Narda Fattori