Presagio
Quando la notte arriva
a migliaia di miglia
e in sogno vedi un cielo
con il viso di tuo figlio
l’angoscia che divora
il nodo alla gola
e per una volta sola
con i gomiti spintoni
per passare la coda
delle anime in attesa
allora sai di essere padre.
Vecchi armadi
Sul proscenio incedono
questuanti mani tese
appese attendono
Nell’ umido di canfora
marcio respiro soffia
sulle uniformi del tempo
afflato di un momento
in cui tutto fu possibile.
Voglio respirare
Voglio respirare altrui miserie
giù fino all’osso
per capire la mia fortuna libera
Voglio gocce intonse
che scrostino la pelle
questa bava che si attorciglia
col suo sudore di pesce
Voglio nuvole su cui posare ossa
talami profumati
e allora dimentico sarà l’orrore
del tanfo fradicio
e questo cielo amorfo
come un sudario
soffoca il fiato
senza tregua
senza requie
Come una farfalla
L’ Amore non trattiene
sul prato di luce
come una farfalla
apre le braccia ad ali libere
Volare è scegliere
tenere il fiato o respirare
fedele ossimoro
di perfezioni sterili
al cieco infrangersi dello spillo
spietato infilza
nessun alibi
nessun perdono
Esprimi un desiderio
L’impronta di plastilina
avvolge un materasso di luci
cercando d’invertire il canone
a una fiaba infarcita di noia
e l’aria inzuppata di pleiadi
lascia agli occhi mai paghi
un desiderio di nulla
ma forse sarebbe più giusto
frenare le scie al pensiero
trovare un’altra volta di cielo
l’azzurrità sulla pagina
vergare il soffitto rappreso
su nubi di burro e di latte
lì nel firmamento più denso
per lasciarsi a sfogliare la vita
Marco G. Maggi