“Lo avrai, camerata Kesselring” di Piero Calamandrei

Alla memoria dei partigiani e dei morti delle Fosse Ardeatine e al futuro dei più giovani vogliamo dedicare questa straordinaria poesia civile composta da Piero Calamandrei per rispondere al boia Kesselring. Costui era stato il comandante delle forze di occupazione nazista in Italia. Condannato all’ergastolo, dopo soli 8 anni veniva liberato, tornava in Germania, si autocelebrava e chiedeva agli italiani di dedicargli un monumento. Calamandrei, uomo straordinario, realizzò il più bel “monumento” immaginabile per il massacratore Kesselring.

Narda Fattori

220px-Venezia_aprile_1945

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

Piero Calamandrei

13 commenti
    • Nessuna retorica. Piuttosto una sorgente viva da cui trarre ancora alimento… “volontari si adunarono / per dignità e non per odio”. – “Per dignità”. – Grazie a Narda Fattori e a Luciano Nota per aver riproposto queste parole poetiche che ancora oggi possono aprire i cuori e gli intelletti alla speranza.

      • Retorico anche questo commento. 🙂 La successiva pagina con poesie sullo stesso tema di Fortini e Pasolini (Ungaretti invece mi è sembrato anch’esso retorico) mostrano un po’ la differenza tra un poeta e un giurista.

  1. Ho sempre ammirato in Calamandrei, ogni parola, ogni gesto, la sua grandezza morale mai ostentata, sempre umile. Ho ammirato quel giurista il cui senso di giustizia conteneva in sé un umanissimo rispetto per le ragioni del cuore. Ho ammirato il padre costituente e lo strenuo propugnatore di una Costituzione che fosse sempre viva, feconda, in ognuno e per ognuno di noi. Ho ammirato l’uomo capace di sdegnarsi di fronte a ciò che lede e offende la dignità di ognuno. Qui, ora, ne ammiro anche la possanza, la forza poetica, tagliente come solo la verità d’intelletto e di cuore può esserlo. Grazie per questo a Luciano Nota e a Narda Fattori.

  2. Grazie per il ricordo di questa bella fremente poesia che a mio parere,non è retorica. Inoltre lego a questo testo il ricordo di un amico attore -Secondo de Giorgi- che la leggeva in un recital sulla Resistenza degli allievi del Piccolo Teatro di Milano-la nostra prima tournée nell’hinterland milanese. Mille anni fa.Fu una gran bella esperienza e Secondo era bravissimo, per lucidità e passione non enfatica.Purtroppo è morto molto tempo fa, di una devastante malattia.Mi scuserete se ho provato l’ impulso irrazionale a segnalare questo particolare autobiografico. E ringrazio molto Narda e La presenza di Erato per avermi dato la possibilità di farlo.

  3. Leggo con amarezza e con un empito di rinnovata rivolta le opinioni di certi esponenti politici sul significato e sul senso del 25 aprile; poi leggo i due “post” che proponete voi, cari amici della “Presenza di Erato” e ve ne ringrazio: la memoria è legata alla conoscenza, mentre l’ignoranza di certe persone è colpevole e imperdonabile.

  4. Narda carissima
    grazie per averla riportata alla luce questa poesia.
    Vorrei solo dire a chi l’ha definita ” retorica ” che io non penso la sia, specialmente se si considera il tempo in cui è stata scritta.

    anche ” i sepolcri ” , il ” 5 maggio ” ed altre sono retoriche ( oggi ), ma allora……..ripensiamo ad allora, cerchiamo di ricordare quel dolore, quelle sofferenze, quelle torture, quei massacri, ricordiamo Marzabotto, Cefalonia, e l’elenco lo conosciamo tutti, e forse questa poesia non sembrerà come è apparsa a certi lettori.

    grzie ancora

    • Gentile Luigi, sul 5 maggio sono d’accordo con lei, è una poesia retorica (ma altissima retorica). La differenza è che Manzoni era un grande poeta e Calamandrei un grande giurista. A ognuno il suo mestiere. Grande rispetto e indignazione per quel dolore, parlavo solo del testo.

      • … e aggiungo, gentile Luigi: sia il 5 maggio che i sepolcri partono da un episodio circoscritto e si allargano ad aprire domande e riflessioni universali, filosofiche. La poesia di Calamandrei rimane circoscritta al suo episodio, non si muove. E’ statica.
        Il 5 maggio va anche oltre: parte non dalle vittime ma dal carnefice sconfitto, cioè inizialmente sembra porsi dalla prospettiva del “fascista” del suo tempo, già morto e caduto in disgrazia, per poi mettere tutto in discussione, aprire un dubbio sulla sua gloria. Nei due esempi da lei citati a mio parere si vede la differenza tra la mentalità aperta del genio letterario (Foscolo e Manzoni) e la mentalità da giurista, sia pure eccelso ma sempre giurista che si attiene alle regole e ai comportamenti. Un saluto.

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