Le scale
questi ansanti tabernacoli bianchi
marmi sui quali gli umani
pavimentano l’anima.
Scale fatte d’aria
dove non ruotano i venti.
Scale adorne
che separano i ferrati dai lenti.
Scale in stile gotico, apostolico
che non portano a Dio
nè alla sacralità dell’Essere.
Scale intime, abissali
sotto boschi
dove urlano i corvi.
Le scale
questi penosi tabernacoli bianchi
dalle antiche radici di ferro
che non danno colore
non spargono odore
a chi stringe più in alto lo scettro.
suggestiva ma non lirica, trovo che abbia un retrogusto molto interessante e che le scale in questione siano ipertecnologiche, avveniristiche.
Ammiro la prima parte della poesia ma il resto non è al livello delle altre liriche di Nota, il quale continua a volersi rinchiudere sempre più a riccio in un suo personale ermetismo fatto di combinazioni di parole anche sonoramente impeccabili ma che a volte rasentano il “nonsense”.
A me è parso di leggere chiaramente versi di denuncia sulle ambizioni umane purtroppo crescenti, che non portano da nessuna parte.
Una lirica giustamente fredda, obiettiva, lapidaria, per farci riflettere e magari scendere di qualche gradino.
Ansanti tabernacoli bianchi evoca una sorta di mistica “lotta conl’Angelo”
Ci leggo l’invito a un percorso faticoso ma suggestivo al quali siamo tutti costretti
il ripetuto richiamo ai ” tabernacoli bianchi ” accende una spia in quel lettore che non si accontenta di una pura semplice sonorità musicale, ma lo induce a domandarsi attorno al bisogno di ascesi in questa poesia di Nota ed anche di una ricerca tesa verso chi ” stringe più in alto lo scettro.”
Luciano Nota conferma qui la sua cifra più intima volta a definire luci e ombre del reale , senza mai celebrarlo .
leopoldo attolico –