Tre poesie di Marco Onofrio

marco onofrio

Auguri di buon compleanno al collega Marco Onofrio
La redazione

*

Ora sono cosa in ogni cosa
mescolato a tutto e in fondo a niente,
parte dell’eterno divenire
aria del blu. Trasparente
sono e non sono: essere m’è
vedermi, residuo, dal mondo
che sorge silenzioso dentro sé
intimamente fuori, frammisto,
come quello che non ho più visto…
Scomparso giù nel lago dei miei occhi.
Non tornerò mai più.

*

E tu, naufrago dell’universo
siderale vagabondo nell’eterno
nulla, solo, ubriaco di silenzio
navigando pienezze sconfinate
di vuoto e immensità
d’improvviso, forse, un giorno
vedrai emergere per caso
dall’imbuto del profondo mancamento
questa bella madre blu:
radiosa, sfolgorante in mezzo
al nero.
Passerà sul tuo volto in un bagliore
l’ombra diafana del dio
che ci accomuna a te.
Ci riconosceremo.
Sarà come prendersi per mano
e ritrovare insieme
la strada del ritorno.

*

L’universo è una parola:
l’unica vera,
l’unica non nostra.
Una parola che significa di sé
senza referente.
Una parola assoluta
dai sensi e dai suoni infiniti.
Una parola incisa nel silenzio
come una ferita.
Ora: il grande silenzio
dell’universo
è il silenzio che precede
questa parola
se si deve ancora dire
o dire ancora…
o quello che segue la parola
che nell’universo già si disse…
o è il silenzio la parola
che l’universo è e dice
e la parola che noi stessi
gli dobbiamo e ci dobbiamo
rispondere?
E ancora: l’unica parola
che si dice da sé, nell’essere,
oppure, come tutte le parole,
ha bisogno di qualcuno
che la dica?
Chi è che pronunciò
la parola dell’universo?
Chi deve dirla
o continuare a dirla?

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