”
“…Alla lettura di questi poeti emergono, fra i tratti comuni a molti di essi, il senso della lingua come spazio conflittuale ma abitabile e plurilinguistico (molti di loro sono traduttori), la possibilità odierna di sopravvivenza di una parola come musica e canto in versi e in prosa, per quanto provocatorio e dissonante; la presenza della vita in luoghi e spazi non solo astratti che possa dare ancora pieno senso allo scrivere come gesto a suo modo laicamente salvifico”.
Dall’introduzione di Fabio Scotto
J’écoute le vent
Siffler dans le vent la voix végétale
Monologue mais ce sont bien ses mots
Qu’incise à peine une chute de feuilles
Ils se répandent dépense vaine
Herbes mornes que le désir ne froisse plus
Engluées dans la boue ou les flaques durcies
Eparses du froid dans les bois.
Ascolto il vento
Fischiare nel vento la voce vegetale
Monologo ma sono proprio le sue parole
Che appena incide un cadere di foglie
Si diffondono spesa vana
Erbe smorte che il desiderio più non sgualcisce
Impantanate nel fango o le pozzanghere indurite
Sparse del freddo nei boschi.
BENOIT CONORT
°
Les dieux sur la montagne
jetaient leur dévolu
Couchés dans la paille nous comptions les
secondes
séparant le tonnerre des éclairs
J’ai finì par m’endormir
aà quelques pas du lac
dans l’approche du jour qui verra
mère, s’éloigner ton regard
de la rumeur des vivants.
Gli dèi sulla montagna
avanzavano le loro pretese
Sdraiati sulla paglia contavamo i
secondi
separando il tuono dai lampi
Ho finito per addormentarmi
a pochi passi dal lago
sul far del giorno che vedrà
madre, allontanarsi il tuo sguardo
dal rumore dei vivi.
GERARD NOIRET
*
Car l’ame est la lame
qui cuit la
muqueuse qui
creuse la vie
est un trou d’ame meulé
dans
la masse du corps pas
de quoi meugler encore
sinon qu’en ca se sent la douceur d’etre
fort à force
d’etre quasi mort.
Perché l’anima è la lama
che cuoce la
mucosa che
scava la vita
è un buco d’anima molato
nella
massa del corpo nulla
per cui urlare ancora
se non che in ciò si sente la dolcezza d’essere
forte a forza
d’essere quasi morto.
CHRISTIAN PRIGENT
Posso scriverlo senza tema di venire scomunicato? Sono banalissime, se questa è la nuova poesia francese, evviva la poesia italiana!
E’ pregevole l’offerta, in questo Blog, di poesie composte da poeti stranieri che per vari motivi non si sarebbero letti altrove. E’ anche utile la traduzione in italiano non solo perché non tutti sono poliglotti, ma anche per poter subito confrontare la resa fonica dei testi nell’originale e nella traduzione, mai pari al testo voluto dall’Autore.
In questo caso oso affermare che tra i due poeti solo Benoit Conort mi pare pregevole, ma solo in lingua francese.
Il testo è esile. Efficace invece il giuoco fonico delle continue allitterazioni che creano un’armonia imitativa gradevole. Ecco perché in italiano il merito svanisce: non è possibile ricreare nella traduzione le stesse allitterazioni.
Giorgina Busca Gernetti
A dire il vero la scelta di questi poeti francesi non mi pare gran che: il solito tema della natura trattata con un cavalletto prestabilito e con colori datati. Bisognerebbe cambiare colori e anche il cavalletto… e forse anche i pittori. Se non si comprende che un nuovo sguardo è, in arte, una nuova idea, non si va da nessuna parte. Mi sembrano esercitazioni (buone) ma di scuola. Spero che la nuova poesia francese non sia tutta qui.
Non vedo banalità in questi brevi testi. Mi paiono equilibrati e minimali, senza pretese di essere altro. Li trovo delicati e forti al contempo e nella traduzione italiana non perdono di efficacia, cosa che molto speso accade. Non sempre la novità è meglio. Si, possono dare l’idea di buone esercitazioni ma non credo fino in fondo a questa impressione, solo d’impatto per mio conto.