
Carl Orff (1895-1982)
Carl Orff nasce a Monaco di Baviera il 10 luglio 1895, inizia i suoi studi nel 1912 all’accademia musicale di Monaco, si dedica per proprio conto allo studio del mondo sonoro di Claude Debussy, e rivolge le sue prime composizioni al teatro musicale che, non trovandovi la propria cifra artistica, abbandonerà per dedicarsi alle opere atonali di Arnold Schönberg, alle quali Orff rivolse in quegli anni la più grande attenzione, senza tuttavia trovarvi una strada che fosse per lui percorribile. Prestò servizio durante la prima guerra mondiale: ferito in trincea sul fronte orientale, terminò il servizio militare, nel 1918, come assistente Kapellmeister presso l’Opera di Mannheim, Tornato a Monaco nel 1919, dopo un breve studio, non particolarmente fruttuoso, presso Heinrich Kaminski (1920-21), si volse allo studio degli “alte Meister”, degli “antichi maestri” dei secoli XVI e XVII. Determinante per la sua maturazione fu soprattutto lo studio delle opere di Claudio Monteverdi, del quale allestì, a partire dal 1923, importanti rielaborazioni. Nel 1924 fonda a Monaco, la Güther-schule, una scuola di ginnastica, musica e danza, basata sui principi di educazione musicale di E. Jaques-Dalcroze. Fu anche direttore del Bachverein e, dal ‘50 al ‘60, insegnante al conservatorio di Monaco. Influenzato dapprima dal tardo romanticismo tedesco, dall’impressionismo e dal primo Schönberg, si accostò poi gradualmente (anche attraverso il lavoro per la scuola da lui fondata) a uno stile del tutto nuovo e diverso, tanto che rinnegò tutte le composizioni scritte prima del 1935. E infatti il 5 febbraio 2010 che la sua prima opera Gisei Das Opfer, composta nel 1913, viene rappresentata per la prima volta alla Staatstheater di Darmstadt ed anche il poema sinfonico Tanzende Faune, ispirato da un quadro di Pablo Picasso, composto nel 1914, viene eseguito per la prima volta solo nel 1995 nella sala della Philharmonie di Monaco. La posizione di Orff durante il nazionalsocialismo è stata spesso al centro di controversi dibattiti ma, recenti indagini storiche assai accurate, ed un esame accurato delle fonti, restituiscono un’immagine di un Orff che non fu mai iscritto al partito nazista e non ne condivise l’ideologia anche se la sua sopravvivenza di artista negli anni bui del Terzo Reich è disseminata tuttavia di compromessi che hanno spesso alimentato dubbi che hanno spesso generato false interpretazioni, se non addirittura ad una manipolazione intenzionale delle fonti storiche. La produzione tipica di Orff, nella quale è evidente l’influsso delle contemporanee correnti neoclassiche, è caratterizzata da una insistenza ritmica quasi ossessiva, dall’uso prevalente di strumenti percussivi, non di rado esotici, e da una declamazione stentorea e scandita: elementi che hanno procurato una facile diffusione ai suoi lavori teatrali, specialmente al trittico intitolato Trionfi, composto dalle opere-cantate o opere-balletti (tutte in un atto) Carmina burana (1937), su testo di medievali “canzoni profane per cantori e cori da eseguire col sussidio di strumenti e di immagini magiche”; Catulli carmina (1943), “ludi scaenici”, su testi dai carmi del poeta latino Catullo, con le stesse caratteristiche spettacolari della prima opera; Trionfo di Afrodite (1953), “concerto scenico” (recante titolo e sottotitolo in italiano ma con brani greci) in parte su testo del Carme LXI epitalamico di Catullo. Le medesime peculiarità stilistiche si ritrovano nella altre opere di Orff che precedono o seguono il trittico, quali Der-Mond (La luna, 1939), Die Kluge (La sapiente, 1943), Die Bemaverin (1947), Antigone (1949, da Sofocle, nella versione di F. Hòlderlin), Astutuli (1953), Oedipus der Tyrann (Edipo re, 1959, di Hòlderlin da Sofocle) e Prometeo (1968, in greco, da Eschilo). Scrisse anche musica sinfonica, strumentale e corale, oltre a un notissimo metodo per l’insegnamento della musica ai bambini (Schulwerk), basato sull’unità di musica, danza e parola. Morì il 29 marzo 1982, all’età di 87 anni, e fu sepolto nella chiesa barocca dell’abbazia benedettina di Andechs, sulle rive del lago di Ammersee, a sud di Monaco.
I Carmina Burana

Particolare della ruota della fortuna, dal Codex Latinus Monacensis (XIII sec.), Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera
I Carmina Burana sono, come già ricordato, testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l’antica Bura Sancti Benedicti fondata attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera) e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera. Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i carmi, cosicché possiamo ricostruire l’andamento melodico solo di 47 di essi grazie ad una notazione neumatica comunque difficilmente decifrabile. Nel 1937, Carl Orff musicò alcuni brani dei Carmina Burana, realizzando un’opera omonima. Orff scelse di comporre una musica nuova, rinunciando ad attingere a quanto, anche se difficilmente interpretabile era tramandato nei manoscritti. La prima rappresentazione fu l’8 giugno 1937 a Francoforte sul Meno. La prima rappresentazione italiana invece si tenne al Teatro alla Scala in Milano il 10 ottobre 1942. Per le sue caratteristiche può essere definita anche “cantata scenica” ed ha il sottotitolo “Cantiones profanae cantoribus et choris cantandae, comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis”.

Una delle tante rappresentazioni teatrali ispirate ai Carmina burana – spettacolo della Compagnia teatrale “Balletto del Sud” di Lecce.
L’opera non presenta una trama precisa e richiede tre solisti (un soprano,un tenore e un baritono), due cori (uno dei quali di voci bianche), mimi, ballerini e una grande orchestra (Orff ne ha composto anche una seconda versione dove l’orchestra è sostituita da due pianoforti e percussioni). L’opera è strutturata in un prologo e tre parti. Nel prologo c’è l’invocazione alla Dea Fortuna sotto cui sfilano diversi personaggi emblematici dei vari destini individuali. Nella prima parte si celebra la Veris laeta facies ovvero il lieto aspetto della primavera. Nella seconda, In taberna ovvero All’osteria, si hanno prevalentemente canti goliardici; nella terza parte, Cour d’amours cioè Le corti dell’amore contiene brani che inneggiano all’amore, che si concludono con il coro di grazie alla fanciulla (Ave, formosissima). Nel finale si ha la ripresa del coro iniziale alla Fortuna. Quest’opera fa parte del trittico teatrale di Orff Trionfi che, composto in periodi diversi, comprende anche i Catulli carmina e il trionfo di Afrodite.
Fabrizio Milanese
ASCOLTA L’OPERA COMPLETA
L’ha ribloggato su "RAPSODIA" di Giorgina Busca Gernetti.
Chi ama la musica classica, la pratica o semplicemente la ascolta ha ben nota quest’opera di Carl Horff che riporta il fruitore nell’aura dei Canti Goliardici eseguiti nei secoli in cui vissero i primi poeti in lingua volgare, San Francesco, Jacopone da Todi e in seguito gli Stilnovisti e il grande Dante Alighieri. Lodevole il saggio di Fabrizio Milanese che illustra l’origine di tale opera nell’ambito della produzione musicale del compositore Carl Orff, autore del XX secolo. Molto opportuno il documento musicale in cui il grandissimo Maestro Zubin Metha dirige questa bellissima e suggestiva musica, offrendo al lettore la possibilità di gustarla e comprenderla.
Utile anche l’immagine del balletto ispirato ai “Carmina Burana” che ormai è un classico nei Teatri grandi, come la Scala di Milano, o piccoli o semplicemente amatoriali. Da notare i costumi dei danzatori che si ispirano al Medio Evo soprattutto nel copricapo.
Un sentito ringraziamento a Luciano Nota e a Fabrizio Milanese per questo “trittico” di saggi sulla poesia goliardica, la pittura religiosa e la musica del Medio Evo o ispirata ad esso. La danza è stata spesso definita “scultura nell’aria” creata dai corpi dei danzatori;. anch’essa, dunque, è strettamente collegata a questo pregevole “trittico” sui “Carmina Burana”.
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Giorgina Busca Gernetti