All’Italia occorre una rivoluzione. Intervista all’economista Giulio Sapelli

Francois Clouet

Francois Clouet

No, non siamo fuori contesto, questa intervista è utile ad ampliare l’ottica della Crisi della poesia nel più ampio quadro della crisi economica, politica e morale dell’Italia. Fiscal Compact. Sudditanza. Tirannia tedesca. Leader «peronisti». Il grido d’allarme dell’economista Giulio Sapelli.
di Giovanna Faggionato. Le note melanconiche di un tango in sottofondo sembrano un fosco presagio. Nell’Italia piegata dalla disoccupazione, colma di lavoratori sottopagati, vedere Giulio Sapelli assorto in una musica lontana fa una certa impressione. Se non fossimo in una sala a parlare di Argentina, si potrebbe leggere come un segno, come se la storia avesse unito i destini della penisola e dello Stato sudamericano colpito dal crack del 2001.

CONDANNATI ALLA SUDDITANZA
Per l’economista che ha conosciuto l’Italia di Olivetti, la grande e la media impresa, le cooperative, i distretti, la crisi di oggi è il frutto di un male antico: la persistenza di una classe dirigente che ci condanna alla sudditanza estera. E dove le uniche «rivoluzioni» possibili sono prese di potere generazionali.

L’ERRORE DEL FISCAL COMPACT
Mentre la commissione europea certifica che siamo il Paese in cui «la situazione sociale si è deteriorata maggiormente», e in cui una quota consistente di occupati non riesce più ad arrivare a fine mese, lo studioso non si dà pace. E si chiede come il parlamento Ue abbia potuto «firmare il Fiscal compact?». «Il problema», spiega in una intervista a Lettera43.it, «è che non abbiamo un’élite nazionale: Machiavelli aveva spiegato tutto».

DOMANDA Cosa intende?
RISPOSTA Le nostre classi dirigenti cercano approvazione, legami e inserimento nella finanza internazionale. Lo ha fatto Romano Prodi. E poi Mario Monti. E ora anche Enrico Letta punta alle cariche all’estero.

D. Insomma, non fanno gli interessi italiani?
R. Monti ha fatto gli interessi di chi lo ha sempre sostenuto cioè le istituzioni finanziarie.

D. E Mario Draghi?
R. Lui viene da Goldman Sachs, dalla scuola americana. E prova a fare la politica Usa.

D. È per questo che non piace alla Germania?
R. La Germania ci vuole fare morire di deflazione.

D. E gli Stati Uniti?
R. Agli Stati Uniti in questo momento serve un’Europa forte.

D. In realtà sembra che ormai i loro interessi siano sul Pacifico.
R. Certo, preparano la guerra che verrà con la Cina. Ma hanno bisogno che l’economia europea vada bene.

D. Sì, ma non si può dire che facciano i nostri interessi politici.
R. Stiamo trattando un accordo di libero scambio transatlantico: possiamo negoziare. E comunque meglio gli Stati Uniti del dominio tedesco.

D. Perché?
R. A forza di imporre l’ortodossia monetarista e deflazionista, i tedeschi stanno facendo dell’Europa un deserto.

D. Secondo lei Draghi non si opporrà?
R. Mi viene in mente una frase del Manzoni: «Il coraggio uno non se lo può dare…».

D. Faremo la fine dell’Argentina?
R. No, faremo la fine opposta. L’Argentina ha il problema contrario: l’inflazione. Ma dell’Argentina stiamo iniziando a copiare i leader peronisti.

D. Matteo Renzi non la convince?
R. Abbiamo avuto due sole «rivoluzioni» generazionali in Italia. Una l’ha fatta Benito Mussolini ed era il fascismo. E l’altra è stata il 68. Basta guardare come sono finite.

D. Insomma non ci sono spiragli?
R. Avete votato il Pd, Berlusconi…

D. E cosa bisogna votare, Grillo?
R. Nessuno. Bisogna rifondare un partito socialista, rivoluzionario.

D. Cosa intende per rivoluzionario?
R. Come Syriza, in Grecia. Che non vuole uscire dall’Europa, ma rinegoziare il debito. Ma come è possibile che al parlamento europeo abbiano votato il Fiscal compact?

D. È stato questo il grande errore?
R. Non so. Forse per l’Italia non c’è più speranza.

D. Secondo i dati Ue, siamo il Paese con la quota maggiore di occupati che non riescono a vivere col proprio stipendio.
R. Questa è una nazione ricca. Con un grande risparmio. E la cultura. Ma i risparmi si stanno erodendo e tra 20 anni, forse, saremo un Paese desertificato.

D. Perché è così pessimista?
R. Basta leggere Machiavelli.

D. Cioè?
R. Fino al 1450 eravamo l’economia più florida del mondo. Poi abbiamo conosciuto la crisi del 600. E perché?

D. Lo dica lei.
R. Perché i figli della borghesia comunale hanno lasciato le città e sono andati a vivere in villa come nobili. Quando si guadagnano troppi soldi, non si risponde più a se stessi.

Fonte: http://www.lettera43.it/economia/macro/giulio-sapelli-all-italia-occorre-una-rivoluzione_43675120594.htm

6 commenti
  1. Avatar di Flavio Almerighi

    L’Italia non ha mai avuto rivoluzioni, evidentemente non è nella nostra indole, l’unico modo per uscirne può essere quello di “imporre” il nostro debito. Smettere di pagare interessi e al loro posto rimborsare le quote di debito in conto capitale, Abolire regioni e province, autentici buchi neri di danaro pubblico, non dare in pasto ai privati quelli che sono “servizi” e non possono diventare fonti di profitto (poste eccetera): ieri Letta dall’emirato arabo è stato patetico; il suo è solo un piano di svendite per tirare a campare. Poi se ai nostri cosidetti partners europeri va bene, ok, altrimenti ci facciano pure cadere come la Grecia, Francia e Germania ci verranno dietro subito dopo come in un domino. Questa sarebbe vera rivoluzione, alzare la testa! Non stare sempre a novanta gradi con chi ci definisce porci e fa solo i suoi interessi di bottega in nome di un’idea d’Europa stramorta.

  2. Avatar di Pasquale Balestriere

    Penso che si possa agevolmente condividere tutto quanto dichiarato dal prof. Giulio Sapelli. Vorrei però chiosare la soluzione ipotizzata per i problemi italiani: la fondazione di un “partito socialista, rivoluzionario”. Va bene, visto che la politica, con l’avallo degli attuali partiti e movimenti, ha fatto strame del sociale e di ogni diritto, riducendo in miseria anche quella che una volta era la classe media. Ma aggiungo che ogni tipo di rivoluzione, compreso quello ipotizzato dal prof. Sapelli, non può impunemente prescindere da una rivoluzione interiore che recuperi il valore dell’onestà e la potenza di un’humanitas civile e culturale. Anzi dell’humanitas. Senza aggettivi, perché la parola dice tutto.

  3. Avatar di Giorgio Linguaglossa

    caro Flavio
    eppure se è vero che l’ultima e l’unica rivoluzione che abbiamo avuto in Italia è stata quella del pescivendolo Masaniello, ciò dovrebbe farci riflettere sulla nostra insolvenza di cittadini.
    Io, al contrario di molti, penso che l’Italia al di fuori dell’Europa non abbia futuro, l’Italia è stata grande quando ha costruito la sua economia e la sua cultura partendo dal locale per indirizzarsi all’universale. Sono invece d’accordo con te nella abolizione delle Province e delle Regioni, il vero buco sta lì, ma ciò equivarrebbe ad abolire i partiti così come sono, perché le Regioni e le Province sono EMANAZIONI DEI PARTITI POLITICI.
    Anche l’organizzazione della cultura, con tutte le sue Università inutili che producono anti cultura, le Fondazioni e gli Enti culturali inutili, quanto ci costano? Nessun economista è stato in grado di stabilire quanto costano ai contribuenti italiani.
    Il fatto all’ordine del giorno è che a parlare di RIVOLUZIONE non sia un economista comunista ma un semplice economista della Bocconi o che altro.
    Il fatto è che la corruzione è una emanazione della politica. di questa semplice verità non ne parla nessuno.
    E non mi sembra che i grillini siano una cosa seria, la rivoluzione è una cosa seria e non bisogna lascarla agli scavezzacolli e a personaggi bizzarri.
    La cultura in questo paese è una pertinenza della politica. Così una gran massa di disoccupati intellettuali e di mezzi occupati stanno lì ad elemosinare la questua ad una classe politica che occupa stabilmente il Potere e il Palazzo.

  4. Avatar di Flavio Almerighi

    Caro Giorgio, io non sono per l’uscita dall’Europa, ma per una decisa virata nei rapporti: insomma tirare fuori gli attributi, non possiamo continuare a farci chiamare Pigs, essere il bacino di mercato per molta della produzione tedesca, fare i compiti a casa come dicono i bottegai del nord europa. Se non ci tartassano più a botte di spread, nonostante la crescita sempre esponenziale del nostro debito pubblico, è perché non gli conviene che facciamo la fine della Grecia, allora facciamolo pesare!!! Masaniello è finito bucato come un colabrodo, noi italiani, finchè anche solo vi sarà il ricordo del formaggio, continueremo a lamentarci, fottercene, ottenere il massimo col minimo sforzo, insomma i soliti topi da gruviera.

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