Cinque poesie di Marco Mastromauro da “Fraintendimenti”, Prospero Editore

FRAINTENDIMENTIFraintendimenti raccoglie storie e impressioni in una possibile forma poetica. Un viaggio dello sguardo che, soffermandosi su altri mondi e rapito da paesaggi ed esseri viventi, cerca di entrare nel labirinto nascosto dentro ciascuno di noi. Un tentativo… perchè la poesia è una scommessa che non prevede vincitori né vinti, “come il fumo lei penetra in ogni fessura” ma, pur impalpabile, lascia tracce nell’aria. I volti e le cose si mostrano e si nascondono, eppure rimangono presenti, sospesi non si sa dove. Si spera che sia così o, almeno, così è per questo poeta.

 

 

LUNGO QUESTO MARE DI TEMPESTA

Lungo questo mare di tempesta che
dilaga ogni giorno nella pianura
non ha fine la corsa in bicicletta di voi due.
Lei riceve dal vortice un duro monito e
un ringraziamento che la costringono
a sbandare d’imbarazzo e pena.
Tu un po’ la segui e, se occorre, la precedi
voltandoti a osservare le sue chiome sollevate dalla luce.
“Non cedere, non assottigliarti fino a scomparire”
ma lo ripeti nella mente
e non traspare dal tuo volto teso nello sforzo:
perché ricevo ancora questo dono, ti chiedi,
che non ho freddo né paura neppure quando,
alla mia vista, appare solo un puntino
nel ritaglio di mondo iridescente che ci separa,
ci ravviva
e ci smorza come fossimo veri corridori sulla pista.

 

A Etty Hillesum

Non siamo più noi
mentre riprendiamo la discesa
attraversando piazze e strade
nel pensiero elencando le poche cose
i pochi giorni rimasti
al di qua di orizzonti invernali
sventure e abissi.

Riconciliati
con le lacerazioni della fede
separati l’un l’altro
sfiniti i cuori inospitali
ci perdiamo ad ogni curva
tra segreti subbugli.

Spaesati
siamo la tenera corrente
la sua gioia
sotto le coltri ghiacciate,
i notturni spegnimenti.

 

OGNI TUO GESTO

Ogni tuo gesto interpreta lo spazio
che ci contiene, si dilata e si stringe
lasciando sui nostri corpi
lieve ragnatela e
un pulviscolo di sconquassi inespressi,
indulgenti.

Tu non sai, non ti curi
dell’universo oscuro che a dirotto
improvviso irrompe
e si ritira, infine, nel calmo ansimare
di un comune tepore:
i tuoi movimenti indistinti
sono luce e respiro,
lenti, amorevoli,
poco più dolenti delle silenziose
trasformazioni.
Tu sei qui,
ovunque sia il bisogno di noi
e ci liberi,
ignara,
dal commiato ininterrotto delle stagioni.

 

QUANDO DIO HA ABBANDONATO IL MONDO

Quando Dio ha abbandonato il mondo
tutti siamo corsi là, sui moli.

Sfiniti, ora, ad uno ad uno
in lunghe file ordinati, ci spingiamo sulle navi.

Nuvole si stanno alzando,
brividi sfilano dal cielo,
speranza gocciola tra le onde:
prendiamo il largo, intatti, scombussolati,
le grandi prue abbaglianti in rotta
verso terribile oscurità.

 

CHISSA’

Chissà cosa si son detti quei due
coppia di contrari
perché, poi, uno è uscito dalla stanza
muto
l’altro, chiuso dentro, più muto
incastrato dalle sue parole
sprofondate nel silenzio.
Qualcosa li accomuna
un’unica sostanza animale…
E l’anima?
Bello sarebbe non averla:
niente anima
né tumulto del cuore
né morale
due linee separate
un sentimento incomprensibile
un paesaggio che sfuma.

Marco Mastromauro

DSCN6293_-_CopiaMarco Mastromauro, vive a Novara, lavora a Vercelli. Da anni si dedica alla poesia che considera talmente utile, per ciascuno di noi, da meritarsi il pregio di essere “cosa inutile”. Ha pubblicato poesie sulla rivista «Alla Bottega» e, dal 1995 al 1999, ha collaborato al trimestrale di cultura e arte «Contro Corrente». È autore delle raccolte: Anime confinate (Milano Libri 1992), Cuba(Ibiskos 1995), Memorie da un pianeta (Contro Corrente 1997), Eros, Trinidad e altre poesie (Oppure 2000). Altri suoi versi sono presenti nelle antologie Siamo tutti un po’ matti (Fara 2014) e Rapida.mente (Fara 2015). È appassionato lettore di racconti, storie, romanzi e poesie. Per lui sono molte le poesie ineliminabili, in particolare quelle che preferisce sono di Celan, Trakl, Antonia Pozzi e, soprattutto, di Willem Van Toorn.

2 commenti
  1. Da molti dei versi di questa voce di poesia contemporanea, proposta dalla eccellente
    rivista di Luciano Nota, poeta assai fine anch’egli, e sotto le raffinate cure della Trivigno, emerge – dalla loro insopprimibile energia interna – una esperienza poetica
    attribuibile a un uomo-poeta che sa dire senza tentennamenti dei “NO” al
    Potere, e alle sue lusinghe diffuse tra noi sotto svariate forme…
    Sento questo poeta, con cui per la prima volta mi incontro, Marco Mastromauro,
    destinatario di questi miei versi recenti, tradotti in angloamericano da Adeodato
    Piazza Nicolai, perché anche nel suo petto avverto che gli “usignoli” della poesia alzano
    il canto della libertà…
    Gino Rago

    Piazza dei Martiri

    Piazza dei Martiri is full of people.
    The lazy sun does not want to go down.
    To the right some of the persons celebrate
    Howling with wide-open throats “God Save the King…”
    To the left rises up
    Another yell: “God save the King and the Queen…”
    Far away the executioner polishes the fork of wood
    With a grease ball obtained from dogs.
    The hanging rope shiningly swings.
    In the dawning sun it seems more shining.

    A single howl unites the square
    From right to left crossing
    The center: “Let the King die let the Queen die”.
    But it is choked in every gorge.

    Baskets pass hands with white bread loafs.
    A wine barrel sprouts like a fountain.
    Far away the noose shines more than before.
    “God save the King… Hurrah for the Queen”.

    Only the poet abandons Piazza dei Martiri.
    He does not want other people’s bread. He also refuses the wine.
    He doesn’t want the King. Does’nt want the Queen.
    A thousand skylarks awakein in his breast. They do wake up.
    Uplifiting his song of freedoom.

    Gino Rago

    © 2017 American transposition by A. P. Nicolai of the poem “Piazza dei Martiri…” by Gino Rago.
    All Rights Reserved for the original poem and its translation.
    (Grazie a Maria Grazia Trivigno e a Luciano Nota per questa proposta di poesia).
    G.R.

  2. Grazie Gino Rago. Non vogliamo il Potere, non vogliamo servi né padroni. Ascoltiamo solo il fremito degli usignoli, la loro gioia.

    “Soltanto il poeta lascia Piazza dei Martiri.
    Non desidera il pane d’altri. Rifiuta anche il vino.
    Non vuole il Re. Non vuole la Regina.
    Cento usignoli nel suo petto si destano. Si destano.
    Alzano il canto della sua libertà.”

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