Signore che hai creato la pietra
segno e simbolo della durata e della forza,
questa pietra
cui fanno corona le nostre montagne
a Te noi dedichiamo
come tuo altare
segno della tua presenza.
Qui scenderai camminando sulle rocce
scenderai portato dalla luce e dalla tempesta
scenderai col fragore delle acque
e nel silenzio della notte
chiamato dalla preghiera
e dal dolore e dalla gioia dell’uomo
chiamato dalla nostra solitudine
atteso dalle selve
atteso dai vivi e e dai morti
per darsi qui convegno nel nome Tuo
e ritrovarsi nell’universale vita
Vita che sei tu, Signore.
Vita comunicata a noi
nel sacrificio di Cristo risorto dai morti
e che più non muore: presente tra noi
vittima e altare
a salvezza perenne dell’uomo.
Qui è il tuo vero tempio
questa pietra la tua casa
questo cielo la tua cupola
e noi pietre vive
della tua chiesa viva.
Amen
Il frate servita (1916-19929, una delle figure più alte del cristianesimo contemporaneo, poeta, autore di teatro e saggista, frequentò più volte la Val d’Ayas e in particolare Saint-Jacques des Allemands, ospite dell’amico don Michele Do. E’ lo stesso don Michele a ricordarlo in una conversazione che ripercorre le tappe di questa amicizia, fino all’ultimo omaggio poco prima della morte: “Non rammento quando l’ho incontrato per la prima volta, ma ricordo bene l’ultimo incontro, proprio all’ospedale, quando sono andato a trovarlo, interrotto per non stancarlo e perché c’erano altre visite, il suo grande abbraccio e queste parole: ‘Tu sai quanto ti ho voluto bene, ti porterò nel cuore per tutta l’eternità’ “ (in David Maria Turoldo – Ernesto Balducci, La Terra non sarà distrutta. L’uomo inedito la salverà, Gribaudi, Milano, 2002, p. 171). Testimonianza visiva della frequentazione di Turoldo ad Ayas, catturato dalla bellezza dei luoghi, icone del volto di Dio, sono questi versi (poesia e preghiera in Turoldo spesso coincidono e si sovrappongono come nelle laudi medievali) scolpiti su una tavola di legno, ancor oggi leggibili nel prato della chiesa al campo di Sain- jacques. La data, anch’essa incisa, risale al 1967. La lirica, tutt’oggi inedita, manifesta lo stupore e la reverenza verso il creato del piccolo uomo di fronte alla grandezza di Dio. I toni francescani della implorazione svelano una forza d’incanto e trasudano una energia spirituale che ancora sorprendono e rapiscono.
Roberto Taioli
” La lirica, tutt’oggi inedita, manifesta lo stupore e la reverenza verso il creato del piccolo uomo di fronte alla grandezza di Dio. I toni francescani della implorazione svelano una forza d’incanto e trasudano una energia spirituale che ancora sorprendono e rapiscono”(Taioli)
Con tutto il rispetto che ho per padre Turoldo (tra l’altro punti di riferimento di Gianmario Lucini, amico e purtroppo per brevissiono tempo editore di POLISCRITTURE, questa più che una poesia è semplicemente una *preghiera* E la nota di Roberto Taioli, condividendo più da credente che da critico il contenuto religioso del testo turoldiano, non mi pare che chiarisca in cosa consista la “forza d’incanto” di questi versi. Sorpresa e rapimento restano suoi o di chi guardasse solo al contenuto dei versi e ne fosse soddisfatto.
Da ateo non potevi che rispondere così
@ Taioli
Che ne sai? E anche se lo fossi, ti sembra questo il modo di replicare? Entra nel merito delle critiche invece di fare illazioni sull’autore.
Nessuna illazione caro Ennio, ti è rimasto un carattere stizzoso. Ma non hai pensato che ci sono cose che non si devono poter spiegare, che la ragione su certe stati d’animo, certe situazione deve arretrare. ?l Da tempo ho superato un certo tipo di razionalismo ad ogni costo. Non ti consentiodi usare questo tono inquisitorio. Non entro nel merito, non c’è nulla che meriti di essere chiarito e spiegato in quel testo. Vogliamo cancellarne la bellezza e il fascino?. Sei ancora prigioniero dello schema arcaioco critica/risposta. Buona fortuna e senza rancore.
@ Taioli
Sei tu che che mi stai tempestando di etichette: ateo, stizzoso, inquisitore, prigioniero di uno schema arcaico.
Io ho espresso semplicemente quello che penso.