Zbigniev Herbert “La mia musica” Inedito trad Donata De Bartolomeo

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La mia musica diventava sempre più cupa

Un uccello morto cadde da un ramo.
Un corvo batté il becco sul vetro della finestra.
La mia musica diventava sempre più cupa.
Il violino prendeva fuoco dall’archetto.
«Per oggi basta», mi ha detto,
«dovrebbe esercitarsi di più».
L’orologio riprese a camminare.
La tigre sorrideva.
«Naturalmente», farfugliai in preda al panico.
E si congedò a passi felpati, varcò la porta.
Si fermò un attimo sulla soglia:
«Arrivederci», disse.

27 commenti
  1. Avatar di giorgio linguaglossa

    Spiegazione letterale della poesia.
    Vorrei che l’attenzione del lettore si soffermasse sui primi quattro versi (che sono quattro immagini immobili):
    Un uccello morto cadde da un ramo.
    Un corvo batté il becco sul vetro della finestra.
    La mia musica diventava sempre più cupa.
    Il violino prendeva fuoco dall’archetto.
    Quattro proposizioni lineari che terminano alla fine del verso con il punto che introducono quattro soggetti (l’uccello morto, un corvo, la musica e il violino). È significativo che le quattro proposizioni sono legate tra di loro da un nesso invisibile, ma sono legate, anzi, direi necessitate. Ma necessitate da cosa? Il lettore lo capirà soltanto nel prosieguo della poesia. E qui interviene una voce, all’improvviso. La voce di un Assente (non descritto), pronunzia solo due frasi:
    «Per oggi basta», mi ha detto,
    «dovrebbe esercitarsi di più».
    È un comando imperioso. L’Assente rinvia ad un tempo futuro la prova decisiva, cioè quella dell’esecuzione di una «musica», La prova non è stata superata dall’allievo e il Signore si congeda a passi felpati. Chi è l’Assente? E che rapporto lo lega con il Presente?, cioè con il protagonista della agnizione? La poesia non lo dice ma lo fa capire, si affida alla immaginazione del lettore; il lettore deve a questo punto riempire gli spazi tra le frasi con la propria immaginazione. Il lettore è chiamato ad entrare dentro la poesia. Si noti la raffinata ironia, quell’esortazione ad «esercitarsi di più» introdotta da un condizionale, dalla condizione appunto posta dall’Assente.
    In questo frangente si inseriscono due versi:
    L’orologio riprese a camminare.
    La tigre sorrideva.
    che indicano (in modo indiretto) la condizione del luogo: una ulteriore precisazione dl luogo: abbiamo una «tigre» che sorride e un «orologio» che riprende a camminare; cioè in quel frangente della apparizione dell’Assente il lettore viene informato che il tempo si era fermato, e che adesso scorre normalmente.
    L’Assente si ferma un attimo sulla soglia della porta e pronuncia una sola parola: «Arrivederci». È una sentenza di rinvio al prossimo appuntamento, al prossimo giudizio. L’Assente concede al musicista un giudizio d’appello. L’Assente si ripresenterà e l’allievo ha quindi tutto il tempo per prepararsi ad un nuovo esame. Qui si tratta di una prova suprema, è in gioco la vita dell’allievo, la sua «musica», l’immortalità. È una sfida che si consuma tra l’Assente e il musicista, tra la Morte e l’Artista, tra la vita e la morte. È la sfida suprema.
    Che sapremo nella prossima poesia.

  2. Avatar di Giorgina Busca Gernetti
  3. Avatar di Maria Grazia Insinga

    Grazie Giorgio. Herbert é per me un invito alla lettura davvero allettante. Si parla di musica e di poesia. O di un ‘être vivant’?

    Non vorrei sembrare impertinente. Ma credo che i primi quattro versi siano una dichiarazione di movimento. Osservo i verbi: cadere, battere, incupirsi, prendere fuoco. Siamo, credo, di fronte all’enunciazione dei quattro parametri che caratterizzano l’inviluppo temporale della musica, dell’essere vivente. Provo meglio a spiegarmi.

    Primo parametro: attacco. Primo verso: cadere.
    Penso al dito che opera la caduta sul tasto come ad un uccello che cade da un ramo: non è altro che l’attacco del suono dove l’ampiezza passa da zero al valore massimo. È forse il momento più misterioso della musica quando si infrange il silenzio ovvero si infrange la musica del pensiero, la musica interiore che poi prenderà corpo in una musica tangibile. È anche il momento in cui l’ascoltatore non è ancora in grado di comprendere la fonte sonora e dunque il timbro dello strumento che produce il suono. Di fatti, noi non sappiamo di quale uccello Herbert stia parlando. Lo sapremo nel verso successivo.

    Secondo parametro: decadimento. Secondo verso: battere.
    L’uccello cadeva dal ramo senza altra indicazione: dove cadeva? Il poeta fornisce una coordinata spaziale nel secondo verso dove il corvo – solo ora sappiamo che si tratta di un corvo – batte il becco sul vetro della finestra. Nel decadimento, dunque, si passa dal massimo iniziale ad un livello di ampiezza costante che consente all’ascoltatore di individuare la fonte sonora e la natura timbrica del suono.

    Terzo parametro: sostenimento. Terzo verso: incupirsi.
    “La mia musica diventa sempre più cupa”. Qui il suono punta ad un’ampiezza di sostegno dove il colore conserva la sua matrice germinale ma s’incupisce sulla strada dell’estinzione del suono che avverrà nel verso-parametro successivo.

    Quarto parametro: estinzione. Quarto verso: prendere fuoco.
    Siamo nel momento più importante della musica – della vita? L’estinzione o l’attimo in cui l’ampiezza passa dal livello stabile allo zero. Nel momento in cui si “consuma” il suono, lo strumento – noi? – prende fuoco e si estingue. In inglese si dice ‘release’ questo istante vitale che corrisponde al rilascio, alla fase di smorzamento del suono.

    Ora, l’inviluppo si profila in tutta la sua evoluzione d’ampiezza temporale. Il suono è dato. E «Per oggi basta», nulla può esserci dopo se non un nuovo suono. Ci si dovrebbe esercitare di più nella vita? La tigre assente morde non perché la prova non sia stata superata forse, ma perché in realtà la prova si supera esclusivamente suonando, e il piacere dell’esistenza si consuma solo rinnovando l’ascolto come nel Don Giovanni concepito da Kierkegaard nel suo libro “L’erotico nella musica”.

    L’orologio alla fine può riprendere a camminare e anche noi possiamo riprendere la nostra vita dopo una morte. La musica di Herbert, dunque, come ‘être vivant’ (così la definirebbe Emile Leipp): complesso, instabile, in continua trasformazione, in continuo anelito ad accordarsi al la universale, ostinato a nascere – a morire – mille volte.

  4. Avatar di Giuseppina Di Leo

    ‘La mia musica’ è altro dal tempo ricevuto, è questo il messaggio da me colto in questa come nella poesia “Orologio rosso” di Herbert, con quel mettere in risalto la differenza tra le percezioni colte dal poeta tra un ‘tempo interiore’ e ‘tempo dato’, quasi vi fosse una frattura tra quel che vorremmo e ciò che possiamo, tra un fuori e un dentro e viceversa.
    Nella distanza esistente tra questi ‘due tempi’, l’asincronismo dei ‘tempi morti’, qui rappresentata dai due pennuti – “Un uccello morto cadde da un ramo” e il rostro di un merlo che batte sul vetro (si direbbe fuori tempo) – si differenzia dalla sincronia del tempo canonico, rappresentato da un orologio fermo in contrapposizione all’altro, il tempo interiore dell’allievo. E, difatti, l’orologio riprende “a camminare” a prova finita, insieme ai “passi felpati” del maestro. E con l’uscita di scena del maestro si opera una cesura (i verbi al passato).
    Durante l’esecuzione, dell’ allievo immaginiamo i polpastrelli arsi dalla fiamma che sembra risalire dal suo corpo bruciando insieme violino e archetto (“Il violino prendeva fuoco dall’archetto.”); mentre il maestro, in due sole righe, esprime un concetto che rimanda a tutto il tempo impiegato male, e dunque perso («Per oggi basta», mi ha detto, /«dovrebbe esercitarsi di più».).
    Nella metafora del tempo musicale Herbert sembra voler dire come il tempo di una vita (il tempo di un’esecuzione) non basta a comprendere ciò che ci brucia dentro, se a mancare è appunto l’assonanza tra tempo e vita.
    Giuseppina

  5. Avatar di renatofiorito

    Mi permetto anch’io, dopo le colte osservazioni che precedono, esporre una mia interpretazione della poesia. Secondo me la musica di cui si parla non è reale ma è metafora della vita del poeta che ha visto la sua terra invasa dal nazismo. L’uccello che cade dall’albero simboleggia la caduta della Polonia. Il corvo nero che batte minaccioso col becco alla finestra è l’invasore, per dire che a nessuno è concesso di chiamarsi fuori dalla tragedia. Il violino che prende fuoco dall’archetto rappresenta la sua partecipazione alla sanguinosa lotta di resistenza (Zbigniew infatti entra in contatto con l’AK (Armia Krajowa), principale movimento di resistenza polacco contro il nazismo. Tuttavia quello che fa non è abbastanza per chi è sempre pronto a mettere sotto accusa, e la voce fuori campo glielo ricorda. L’orologio che riparte simboleggia la fine della guerra, volendo dire che con la guerra gli orologi di tutte le vite si fermano perchè esse vengono congelate e distrutte. Resta da capire chi è la tigre che sorride. Secondo me è la parte vincitrice, vale a dire il comunismo. Anch’essa però ha un atteggiamento ambiguo, freddo, sottilmente minaccioso. Il poeta infatti viene preso dal panico, sa che l’arrivederci della voce nasconde una nuova minaccia. Ed infatti egli, amante della democrazia, si ritrova effettivamente inserito come sovversivo anticomunista nelle liste di proscrizione.
    A differenza delle altre interpretazioni che sorvolano sugli elementi che non combaciano con la tesi proposta, qui tutti gli elementi troverebbero una loro logica ollocazione.
    Tuttavia sommessamente mi domando: se una poesia, uno scritto rende possibili tante interpretazioni, è questa una ricchezza del testo o un suo limite, una sua ambiguità? Può lo scrittore disinteressarsi dell’efficacia del suo messaggio, accontendandosi della libera interpretazione del lettore? Insomma se è vera la mia analisi, è forse falsa quella coltissima dell’amico Giorgio Linguaglossa? o sono false le raffinate esegesi di Maria Grazia Insinga e degli altri illustri commentatori? O sono invece tutte ugualmente possibili? E alllora, se quest’ultima opzione è corretta non vuol dire forse che la poesia ha maglie troppo larghe e che dentro quelle maglie ci posso infilare qualsiasi cosa che abbia un minimo di logica e che, dunque, il messaggio di Zbigniew Herbert è privo di una sua autonoma consistenza, impreciso, ambiguo, inefficace? Naturalmente già conosco la risposta della mia amica Insinga, ma la trovo sfuggente rispetto al tema che
    propongo.

  6. Avatar di napoli46

    Mi permetto anch’io, dopo le colte osservazioni che precedono, esporre una mia interpretazione della poesia. Secondo me la musica di cui Zbigniev Herbert parla nella poesia non è reale ma è metafora della vita del poeta, incupita dal dolore di aver visto la Polonia invasa dai nazisti. L’uccello che cade dall’albero simboleggia quindi la perdita della sua terra. Il corvo nero che batte minaccioso col becco alla finestra rappresenta l’invasore che non consente ad alcuno di chiamarsi fuori dalla tragedia. Il violino che prende fuoco dall’archetto rappresenta la sua partecipazione alla sanguinosa lotta di resistenza (Zbigniew infatti entra in contatto con l’AK (Armia Krajowa), principale movimento di resistenza polacco contro il nazismo. Quello che fa, però, secondo la voce che lo accusa non è abbastanza. L’orologio che riparte simboleggia la fine della guerra, volendo con ciò dire che la guerra ferma il tempo, poiché congela o distrugge la vita. Resta da capire chi è la tigre che sorride. Secondo me è la parte vincitrice, cioé il comunismo. Il suo sorriso è ambiguo, freddo, sottilmente minaccioso. Il poeta infatti viene preso dal panico: sa che l’arrivederci dell’ospite, cha va via a passi felpati, nasconde una nuova minaccia. Ed infatti il poeta, amante della democrazia, viene effettivamente inserito come sovversivo anticomunista nelle liste di proscrizione.
    A differenza delle altre interpretazioni che sorvolano sugli elementi che non combaciano con la tesi proposta, qui mi sembra che tutti gli elementi trovino una logica collocazione. Tuttavia non credo sia la più attendibile. Mi dà però modo di domandarmi: se la poesia rende possibili tante interpretazioni, rappresenta ciò una ricchezza del testo o è invece un suo limite, una sua ambiguità? Può lo scrittore disinteressarsi dell’efficacia del suo messaggio, accomodandosi semplicemente alla libera interpretazione del lettore di turno? Insomma, se è vera la mia analisi, sono false quella coltissima dell’amico Giorgio Linguaglossa e le raffinate esegesi di Maria Grazia Insinga e degli altri illustri commentatori? O sono invece tutte ugualmente possibili? E allora, se quest’ultima opzione è corretta non vuol forse dire che la poesia di Herbert ha maglie troppo larghe e che dentro quelle maglie ci posso infilare qualsiasi cosa che abbia un minimo di senso e, di conseguenza, che il messaggio di Zbigniew Herbert è privo di una sua autonoma consistenza e, dunque, è impreciso, ambiguo, inefficace? Naturalmente già conosco le risposte che esaltano il ruolo determinante del lettore nel decodificare l’opera d’arte, ma le trovo sfuggenti rispetto al tema della necessaria intelligibilità del messaggio che qui propongo.

  7. Avatar di Renato Fiorito

    Mi permetto anch’io, dopo le colte osservazioni che precedono, esporre una mia interpretazione della poesia. Secondo me la musica di cui Zbigniev Herbert parla nella poesia non è reale ma è metafora della vita del poeta, incupita dal dolore di aver visto la Polonia invasa dai nazisti. L’uccello che cade dall’albero simboleggia quindi la perdita della sua terra. Il corvo nero che batte minaccioso col becco alla finestra rappresenta l’invasore che non consente ad alcuno di chiamarsi fuori dalla tragedia. Il violino che prende fuoco dall’archetto rappresenta la sua partecipazione alla sanguinosa lotta di resistenza (Zbigniew infatti entra in contatto con l’AK (Armia Krajowa), principale movimento di resistenza polacco contro il nazismo. Quello che fa, però, secondo la voce che lo accusa non è abbastanza. L’orologio che riparte simboleggia la fine della guerra, volendo con ciò dire che la guerra ferma il tempo, poiché congela o distrugge la vita. Resta da capire chi è la tigre che sorride. Secondo me è la parte vincitrice, cioé il comunismo. Il suo sorriso è ambiguo, freddo, sottilmente minaccioso. Il poeta infatti viene preso dal panico: sa che l’arrivederci dell’ospite, cha va via a passi felpati, nasconde una nuova minaccia. Ed infatti il poeta, amante della democrazia, viene effettivamente inserito come sovversivo anticomunista nelle liste di proscrizione.
    A differenza delle altre interpretazioni che sorvolano sugli elementi che non combaciano con la tesi proposta, qui mi sembra che tutti gli elementi trovino una logica collocazione. Tuttavia non credo sia la più attendibile. Mi dà però modo di domandarmi: se la poesia rende possibili tante interpretazioni, rappresenta ciò una ricchezza del testo o è invece un suo limite, una sua ambiguità? Può lo scrittore disinteressarsi dell’efficacia del suo messaggio, accomodandosi semplicemente alla libera interpretazione del lettore di turno? Insomma, se è vera la mia analisi, sono false quella coltissima dell’amico Giorgio Linguaglossa e le raffinate esegesi di Maria Grazia Insinga e degli altri illustri commentatori? O sono invece tutte ugualmente possibili? E allora, se quest’ultima opzione è corretta non vuol forse dire che la poesia di Herbert ha maglie troppo larghe e che dentro quelle maglie ci posso infilare qualsiasi cosa che abbia un minimo di senso e, di conseguenza, che il messaggio di Zbigniew Herbert è privo di una sua autonoma consistenza e, dunque, è impreciso, ambiguo, inefficace? Naturalmente già conosco le risposte che esaltano il ruolo determinante del lettore nel decodificare l’opera d’arte, ma le trovo sfuggenti rispetto al tema della necessaria intelligibilità del messaggio che qui propongo.

  8. Avatar di Giorgina Busca Gernetti

    “O sono invece tutte ugualmente possibili? E alllora, se quest’ultima opzione è corretta non vuol dire forse che la poesia ha maglie troppo larghe e che dentro quelle maglie ci posso infilare qualsiasi cosa che abbia un minimo di logica e che, dunque, il messaggio di Zbigniew Herbert è privo di una sua autonoma consistenza, impreciso, ambiguo, inefficace?” (renatofiorito).
    *
    “O sono invece tutte ugualmente possibili? E allora, se quest’ultima opzione è corretta non vuol forse dire che la poesia di Herbert ha maglie troppo larghe e che dentro quelle maglie ci posso infilare qualsiasi cosa che abbia un minimo di senso e, di conseguenza, che il messaggio di Zbigniew Herbert è privo di una sua autonoma consistenza e, dunque, è impreciso, ambiguo, inefficace? (napoli46).
    *
    Mi permetto anch’io di entrare nell’interessante questione in punta di piedi, senza voler assolutamente gareggiare con i finissimi critici Giorgio Linguaglossa e Maria Grazia Insinga.
    Le affermazioni sopra citate del critico renatofiorito/napoli46, che ritiene “privo di una sua autonoma consistenza” il messaggio del poeta Zbigniew Herbert, mi sembra che contrastino con l’essenza e la natura della poesia in sé, la quale è “parola”, che a sua volta è “equivoca”, “ambigua”, “indefinita”, perciò dotata della più ampia valenza semantica. La poesia, dunque, non descrive o definisce, ma evoca, allude, si esprime per simboli arcani, parla “per ambages”, come scrivevano i Latini.
    E’ ovvio, allora, che il lettore possa interpretare i versi e, in questo caso, la musica, gli uccelli, il violino, la tigre e tutto il resto secondo la propria immaginazione e sensibilità.
    Giorgina Busca Gernetti

  9. Avatar di giorgio linguaglossa

    alla obiezione mossa da Renato Fiorito secondo cui la dizione utilizzata da Herbert sarebbe “ambigua”, “equivoca”, “indefinita” e “perciò dotata della più ampia valenza semantica”, controbatto che secondo il mio parere la “parola” qui diventa immediatamente immagine e metafora, ovvero, la estrema precisione con cui Herbert utilizza la “parola” (e infatti la poesia è costruita come un assemblaggio di proposizioni nominali al tempo passato) è ciò che consente la più ampia possibilità di letture. Voglio dire che quanto più la fraseologia poetica è precisa e nitida tanto più ampie sono le rifrazioni semantiche della poesia stessa. Come è stato già notato da altri commentatori (Insinga e altri) i primi quattro versi sono retti da quattro verbi che scandiscono una azione che avviene all’esterno del «quadro», all’interno di un interno. I primi quattro versi scandiscono il Tempo della Storia (l’invasione della Polonia da parte dei nazisti, dei comunisti e la lotta di resistenza del poeta, ovviamente compiuta con le armi di cui dispone il poeta che qui sappiamo essere un musicista). All’esterno del «quadro», cioè all’esterno della finestra avvengono cose simboliche (la caduta di un uccello morto dall’albero, il corvo che batte il becco sul vetro della finestra, la musica che diventa sempre più cupa e il violino che prende fuoco dall’archetto) che alludono a ciò che avviene al di qua del «quadro». E qui, nella stanza dove il musicista suona la sua musica al violino, avviene qualcosa di improvviso e misterioso con un Interlocutore (non dichiarato) il quale gli ordina di suonare per poi interromperlo improvvisamente:

    «Per oggi basta», mi ha detto,
    «dovrebbe esercitarsi di più».

    A questo punto la poesia ci informa di due circostanze significative:

    L’orologio riprese a camminare.
    La tigre sorrideva.

    Adesso sappiamo che in tutti quegli anni durante il quale avvengono questi fatti compendiate in smaglianti metafore nominali, il tempo si era fermato; e lo sappiamo perché la poesia ci informa che l’orologio riprese a camminare e da una seconda circostanza: che c’è una «tigre» che sorride. Ma perché sorride? È un sorriso di scherno e di derisione? « un sorriso di compatimento? È un sorriso di sfida?. Ritengo che sia un sorriso di tutte e tre queste cose insieme. È una sfida. La sfida suprema. E il musicista accetta (così come la Polonia accetta di ingaggiare una guerra mortale contro i due giganti che l’hanno invasa con i loro eserciti).
    Può il musicista vincere? Quante possibilità di vittoria ha il musicista di battere gli avversari?, Può il musicista sconfiggere il Nemico che lo sta sfidando? – È qui che avviene un episodio determinante. Siamo al finale di partita. In quel «Naturalmente» sbigottito e impaurito pronunciato dal musicista, in una sola parola si nasconde e si rivela tutta la portata della sfida. La potenza della poesia è rinvigorita dall’estremo risparmio dei mezzi lessicali, Herbert usa le parole come se fossero pepite d’oro, non le vuole dilapidare, non le vuole spendere inutilmente.
    Il finale della poesia indica il Finale di Partita:

    E si congedò a passi felpati, varcò la porta.
    Si fermò un attimo sulla soglia:
    «Arrivederci», disse.

    Il misterioso Convenuto pronuncia anche qui una sola parola: «Arrivederci», con il che il lettore viene informato che la Partita mortale che è stata ingaggiata tra il musicista e il misterioso Convenuto è stata rinviata ad un secondo Tempo.

    • Avatar di Renato Fiorito

      Il problema che ho sommessamente posto non riguarda la indispensabile libertà del lettore di interpretare la poesia secondo la sua cultura e sensibilità, Il mio interrogativo attiene all’opportunità che il poeta si preoccupi o meno della determinatezza del proprio messaggio. Se non lo fa, per “lasciare aperta la più ampia possibilità di letture”, come dice opportunamente Linguaglossa, non dovrebbe poi contestarsi il fatto che qualcuno consideri i suoi versi “indefiniti”, che, in fondo, è un modo diverso per dire la stessa cosa.. .

  10. Avatar di Giorgina Busca Gernetti

    Gent.mo, Giorgio Linguaglossa,
    temo di aver provocato un equivoco, utilizzando le virgolette sia per la citazione dal passo di Renato Fiorito, sia per la mia affermazione *l’essenza e la natura della poesia in sé, la quale è “parola”, che a sua volta è “equivoca”, “ambigua”, “indefinita”, perciò dotata della più ampia valenza semantica.”. Avrei dovuto usare gli apici per evidenziare le dizioni ‘parola’, ‘equivoca’, ‘ambigua’, ‘indefinita’.
    Me ne scuso e apprezzo di nuovo la Sua interpretazione della poesia di Zbigniew Herbert.
    Giorgina Busca Gernetti

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