Essere testimoni di se stessi
sempre in propria compagnia
mai lasciati soli in leggerezza
doversi ascoltare sempre
in ogni avvenimento fisico chimico
mentale, è questa la grande prova
l’espiazione, è questo il male.
***
Dolcissimo è rimanere
e guardare nella immobilità
sovrana la bellezza di una parete
dove il filo della luce e la lampada
esistono da sempre
a garantire la loro permanenza.
***
Se ora tu bussassi alla mia porta
e ti togliessi gli occhiali
e io togliessi i miei che sono uguali
e poi tu entrassi dentro la mia bocca
senza temere baci disuguali
e mi dicessi: «Amore mio,
ma che è successo? », sarebbe un pezzo
di teatro di successo.
Poesie (1974- 1992), Einaudi





dal mio libro di critica: “Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea” (Società Editrice Fiorentina, 2013 p. 150 € 14.00):
«Con Valerio Magrelli e Patrizia Cavalli arriviamo alla poetica della complessificazione e dello sdoppiamento dell’«io» e dello «sguardo»: il dettato dell’io è un satellite che ruota in un’orbita, in un tessuto sostanzialmente narrativo e narrativizzato; è questa l’intelaiatura base sulla quale cucire l’abito del «commento», della «didascalia», della «glossa», della «tiptologia» alle notizie del multiverso totalmediatico. Siamo lontanissimi dalla numinosità della poesia deangelisiana, tuttavia, in un certo senso, le due procedure sono segretamente imparentate, l’una si pone in segreta concorrenza con l’altra, ma è una concorrenza tutta interna al fatto letterario, anzi l’una prende forza e vigore dall’esistenza dell’altra. È una controdanza fondata su un patto di stabilità, di reciproca non belligeranza tra le due posizioni. Il minimalismo tende a riprodursi in post-minimalismo, il discorso post-lirico in discorso sul «privato», e qui il poeta che si distingue per stringatezza e nitore drastico è senz’altro la romana Patrizia Cavalli, l’autrice che ha varcato il Rubicone della poesia «illustre» della tradizione, che ha optato per il «privato» desublimato e per lo stile da sms, da finto linguaggio di twitter e di facebook, emblematica espressione di paralipomeni collocativi, della problematica crisi del discorso poetico nel mezzo dei linguaggi mutageni dell’evo mediatico».
Giorgio Linguaglossa è osservatore acuto come sempre. A riprova di quell’avvertire “la problematica crisi del discorso poetico nel mezzo dei linguaggi mutageni dell’evo mediatico”, e quasi a prendersene gioco, si legge anche:
Tra un po’ tutti all’inferno.
Però per il momento
è finita l’estate.
Avanti, su, ai divani!
Ai divani! Ai divani!