Gaston Bachelard è uno di quei geni destinati a rivoluzionare il pensiero corrente. Dopo aver ricoperto il ruolo di professore di fisica e chimica nel suo antico collegio di Bar-sur-Aube (dove era nato nel 1884), arriva ad essere titolare alla Sorbona della cattedra di Storia della filosofia della scienza, che tiene sino al 1954, continuando a elaborare la sua originalissima ricerca fino alla morte, avvenuta nel 1962 a Parigi. Dallo studio della storia della scienza Bachelard trae uno stimolo per la sua riflessione epistemologica, che si contrappone nettamente al neopositivismo, rivendicando una maggiore attenzione ai fattori storici, sociali, culturali e psicologici che condizionano inevitabilmente il pensiero scientifico. In tale ottica, egli rifiuta (come lo stesso Popper) il mito empirista del dato immediato come base del sapere scientifico, poiché il dato empirico è sempre legato ai sistemi teorici. Appurato che non esiste una scienza, bensì le scienze, ossia una pluralità irriducibile di saperi e di tecniche specifiche, Bachelard critica la visione positivistica della scienza come processo lineare e cumulativo, cercando di evidenziare come invece il progresso scientifico si attui attraverso delle autentiche “rotture epistemologiche”. Ogni scoperta è infatti il risultato di una radicale messa in discussione delle categorie e degli schemi teorici precedenti. Da Galileo a Darwin, da Einstein alla meccanica quantistica, dalle geometrie non-euclidee alla genetica, la scienza mostra di avanzare solo attraverso ripetute modificazioni delle teorie precedenti, ovvero come negazione di qualche aspetto fondamentale che le contraddistingue. La scienza, per poter realizzare un progresso deve riuscire a superare quelli che Bachelard chiama ostacoli epistemologici, vale a dire ostacoli di natura psicologica che bloccano lo spirito umano tenendolo ancorato a pregiudizi e a opinioni fortemente radicate, le quali impediscono lo sviluppo di nuove idee e nuove teorie. Per ridurre l’influenza dei fattori extrascientifici, bisognerebbe attuare, secondo Bachelard, una sorta di psicoanalisi della conoscenza, volta ad abbattere gli ostacoli epistemologici che intralciano il progresso della scienza. Sono riflessioni che hanno una notevole conseguenza sulla peculiare maniera bachelardiana di concepire la filosofia. La sua idea centrale, a tal proposito, è che la filosofia si trova in ritardo rispetto alla scienza. Di conseguenza, auspica lo sviluppo di una “filosofia del non”: una filosofia che dicendo “no” al passato e alle concezioni assolute e totalizzanti, sappia mettersi al passo con l’avanzare dell’impresa scientifica. E l’impresa scientifica attesta appunto che si cambia continuamente, contraddicendo quello che si era detto. Già Einstein per esempio, a proposito della sua teoria della relatività, ripeteva che c’era qualcosa che non funzionava nella sua teoria e che prima o poi si sarebbe arrivati a scoprirlo, modificandola in parte o del tutto. Quello a cui continua a lavorare appunto la ricerca avanzata.
Paolo Ruffilli