“ Era ritorno a un senso acuto della natura, ed era, simultaneamente, l’inderogabile ammissione, quale fattore necessario di poesia, della genesi della memoria da rintracciare e ricostituire in noi, era lo stato acuto di coscienza che s’incontra in tutta la poesia d’oggi. Il poeta d’oggi ha il senso acuto della natura, è poeta che ha partecipato e che partecipa a rivolgimenti fra i più tremendi della storia. Da molto vicino ha provato e prova l’orrore e la verità della morte. Ha imparato ciò che vale l’istante nel quale conta solo l’istinto”.
Giuseppe Ungaretti
VEGLIA
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
FRATELLI
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
del’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
SONO UNA CREATURA
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
I FIUMI
Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
SILENZIO STELLATO
E gli alberi e la notte
non si muovono più
se non da nidi.
NOTTE DI MAGGIO
Il cielo pone in capo
ai minareti
ghirlande di lumini.
C’ERA UNA VOLTA
Bosco Cappuccio
ha un declivio verde
come una dolce
poltrona
Appisolarmi là
solo
in un caffè remoto
con una luce fievole
come questa
di questa luna
NATALE
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
SOLDATI
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie




L’ombra della sua infinita tristezza è amore per la vita. Ed è amore che si rifà leggendo, ogni volta.
Poesia di sempre, poesia che s’infinita.
Grazie per averla riproposta.
L’ha ribloggato su Rfree's Blog.
Immenso, universale Ungaretti!