Marco Saya è nato a Buenos Aires il 3 aprile 1953. Dal 63 risiede a Milano. Musicista jazz, scrittore ed editore. Diverse pubblicazioni, ultime la raccolta poetica dal titolo “Chiacchiericcio” edita da Marco Saya Edizioni ( 2012 ), “Situazione Temporanea” edita da Puntoacapo Editrice ( 2009 ) e “Murales” edita dall’Arca Felice (2011). È presente poi in diverse antologie tra cui segnaliamo: L’albero degli aforismi (2004), Il segreto delle fragole (2005) e L’antologia delle stagioni (2006) editi da LietoColle; Swing in versi (2004) edito da Lampi di Stampa e Vicino alle nubi sulla montagna crollata (2007) edito da Campanotto. Ha condotto una rubrica musicale sul sito della Rizzoli Speaker’s Corner. È presente su tutti i più importanti siti di scrittura, rubriche e riviste letterarie. Raccoglie, poi, importanti risultati nei vari concorsi proposti (poesie e raccolta edita ed inedita segnalate nelle ultime sei edizioni del premio “Lorenzo Montano” curato da Anterem), vincitore con la raccolta “Situazione Temporanea” della XXIV edizione del premio Nuove Lettere a cura dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli ( 2010 ) e della X edizione del Premio Carver ( 2010 ), infine premiato al Concorso Laurentum 2011 per la poesia online, I° premio della critica, menzione speciale della giuria per la raccolta edita Murales ( L’Arca Felice ) finalista tra le prime cinque e nel 2013 nella terna finalista per la raccolta “Chiacchiericcio” sempre al Laurentum.
Vista dall’alto
viaggiavo su un elicottero, era notte.
strade deserte, piazze vuote.
lampioni fiochi, pochi taxi.
un pedone infreddolito
rientrava a casa. le case,
immensi alberi di natale
con aggrovigliate lucine accecanti.
tante teste chine, tanti corpi
immobili. sguardi vitrei su
monitor sgargianti. tastiere
impazzite, dita scomposte.
escono, talvolta, dalle trincee.
il tempo di una sigaretta
per poi rientrare nei bunker.
tutte queste teste dall’alto,
chine, suddite, incarcerate.
Spray art
la vita appare come una spray art che a caso designa i sopravvissuti
su una maleodorante tavolozza chiazzata da memorie imbrattate,
murales ornamentali di un unico piscio metropolitano.
Corteccia
dopo è sempre facile dire:
“ Ma io l’avevo detto ”
prima si riteneva
che le convinzioni
altrui fossero più verdi
mentre l’erba marciva
per via del continuo licenziamento
di giardinieri che non irrigavano
più la limbica corteccia
e quella quercia monoica
si racchiudeva nell’unico
e certo sapere
Incertezza
quando la luna è di traverso
come uno spicchio rovesciato
che pare precipitare storto
si prende a caso un puntino
imprecisato del mappamondo
nel prossimo giro la certezza
dell’eclisse sfuma tra l’acqua
e la poca terra.
Canzoncina
dorre_miffa_solla_sido_remi_falla_solfa_mirre
_similaresoldofa_faffafa_faffafa_uno_un_valzer_
con_spritz_con campari_o_Pithecanthropus
Erectus_o_So What_così era_
grazie dei fiori_melensa poesia_torna a Surriento_
si sta meglio a Seattle Jimi_ doremifasollasidooooooooo_
Spike_fai la cosa giusta_ la musica ribelle_ now’s the time_
che si ribelli_ che tutti si ribellino_ cocaine_cocaine_cocaine_
il 2013 non è DOCG_ fa sbocciare la rosa finale
O Bomba di Primavera_
Yes Gregory_sboccierà_ oh yeah_ sboccierà_
dorre_miffa_solla_sido_dadaumpa_dadaumpa_dadaumpa
incompiuta
a una certà età
( attorno alle ore 16 del pomeriggio )
sembra tardi per tutto
che il tutto potevi farlo
prima ma prima il treno
non arrivava e prima ancora
non esisteva e ora il tempo
ti spezza le gambe
peggio di una protesi
che ti illude nell’agonia
del non fatto
cerei
ora cerei
o erano bagliori
da ancestrali pance?
ora questo grigio flou
nel-non-so-se
effetto seppia
vintage
di arredi muti
in-parvenze
sonore
beffa
può essere improvviso
quello sbattere della vita.
nella folata si stacca il quadretto
e tu, lì dentro, ti guardi mentre
precipiti invece di salire.
inizio
mi chiedo spesso perché mi ri-trovo in questo secolo
e non nei precedenti o nel cenozoico.
ri-apprendere come sfregare le pietre focaie
potrebbe essere il miglior inizio
per dar fuoco a questo presente?
alfabeto
di tutto fu scritto
e l’alfabeto del mondo
era sempre più povero.
si ricercavano nuove lettere
anche se la precarietà
della parola
lottava per un discorso
a tempo indeterminato.
palloncini
quel palloncino salì improvviso
scappato da una piccola mano.
mai più fu ritrovato
nello sgonfio dimagrimento
dell’elio.
noi, pieni d’aria,
eravamo rimasti a terra.
birilli
come se tirare a campare
fosse una partita a bowling
e queste bocce difficilmente
ci azzeccano, troppi birilli
da abbattere,
così si sprecano energie
e torni a casa
con gli amici
e insieme bocce, biglie, sfere
da schivare.
nudi
quel ramo
s’apre alla finestra
nudo, ancora per
poco, interroga
sguardi indifesi
in attesa di riscatti
che il tempo rimanda
tra silenzi di tutti.
*
cosa ci stiamo a fare
svestiti
e allunghi l’occhio
alle scarpe s-lacciate
con la terra dell’asfalto
– sotto – e gli occhi tacciono.
*
qualcosa nella dis-missione
di qualche colore esterno
a cornici
in un altro muro,
in altre pareti,
in altre case,
dovunque,
accade.
*
si potrebbe sgaiattolare
da questo mercatino
dell’usato e abbordare
quell’incognita che già si fiuta
nel profumo di nuove stagioni
chissà che non ne nasca una duratura storia d’amore
*
perché subappaltare la mente
a monoliti di varia dimensione
in questo teatro dell’immaginario
se il sipario sbaracca il carrozzone
e il clap clap precede il bla bla
per poi finire a tarallucci e vino?
*
sempre questa zavorra
di accessori per appesantire
il cammino di ossa come se
resistere alla spinta
verso il basso ci potesse
allontanare dall’incandescenza
del fuoco come quel neon
che, a forza, ci tiene svegli
*
di parallele all’infinito
scorrono rette
che si intersecano
in-grate così l’effetto
dell’incontro è
la finzione del finito
*
era una giornata calda
sudati per lo smog
in vortici d’aria dall’asfalto
provenienti o forse tombini
che starnutivano o vociferanti
dagli inferi così immaginavo
quei riflessi tremolanti
*
non ci è dato sapere
se i cari estinti anelino
a resuscitare e penso di no
troppa la fatica di una sveglia
al mattino con quattro pile
di rumore nella testa
e in principio furono menhir,
dolmen e cromlech
e prima ancora
procarioti e eucarioti
non avevano simili pensieri
*
quanti fili per la città
grovigli muti
boccheggianti dai finestrini
orecchie incollate a pacemakers
detriti di comunicazione
rovinosi affanni
appannati tra vitrei stagni
come oblò obliati
*
l’altro giorno ho incontrato un albanese
mi ha chiesto se avevo
da accendere
voleva parlare
abbiamo parlato
nella nostra diversità
avevamo qualcosa
da dirci
*
accado nel magma del passaggio.
siccome disturbo nel desueto divorio
punta i gomiti quello che non ha il limite,
così per caso, un bar vale l’altro,
il dispetto sta nella resistenza,
il cablaggio ci fortifica
sino a esaurimento scorie.
*
sonnolento alzo il braccio,
rovina di confezioni sparse,
anche sul letto – depositate –
m’intrufolo tra le righe,
pieghe (piagate) tra pagine scalze
di una moquette scolorita.
dicerie
spesso si dice che il futuro sia a portata di mano.
non ho mai capito di quale mano si parli.
la sinistra adulta trascina il secchio dei ricordi.
la destra bambina guida i ciechi nel presente.
di una cosa sono certo!
i piedi entrambi affrettano la meta.
*
è così bello buttare giù due righe
tra un semaforo e l’altro furtiva
la parola prende corpo sino al
semaforo successivo in cui si
completa nel discorso che non
ho in mente ma che sta in piedi
barcollando visione di me ubriaco
fradicio nell’incompiutezza della parte
due parole per dire …
che ho sempre pensato che la poesia
potesse essere di tutti, universale e
non degli imitatori degli imitatori.
che potesse essere come il Jazz,
un’improvvisazione che approdi là
dove non è mai ben chiaro.
come le nostre vite,
pronte a essere spezzate
ora o dopo o quando.
I primi 8 frammenti sono degli inediti, gli altri sono tratti dalle raccolte Situazione Temporanea edita da Puntoacapo editrice, Murales edita da Arca Felice e Chiacchiericcio edito da Marco Saya Edizioni.
L’ha ribloggato su poesiaoggi.
Grazie per essere ospite! Marco
Questa è la poesia che amo leggere, quella che non ci si stanca mai di rileggere, perché ogni volta c’è un qualcosa in più che ti era sfuggito, perché a un livello superiore a quello in cui ti eri posto leggendo. Una poesia immersa nel contemporaneo, scritta tra un semaforo e l’altro, che ti fruga dentro e trova l’universale umano. sono tutte splendide. Mi sono innamorata di “Incompiuta” e “Beffa”.
poesie straordinarie di un autore che non ha bisogno di presentazioni.
Nicoletta
Una poesia sempre sorprendente, quella di Marco, che conosco bene; una poesia sempre ben radicata nel quotidiano con piglio effervescente e vitale, e con un ritmo calzante, riflessivo, a tratti anticipante, che però offre un respiro chiaro al lettore, non si nasconde, apre strade limpide di senso e di comprensione, ma anche visioni nuove, fresche, magari rimaste ai margini nell’incedere sopito del pensiero quando si perde tra le piccole cose. È proprio questa la contemporaneità di questa poesia, il suo lato più vigoroso, secondo me, che ben chiosa in questo suo concedersi per frammenti, con questo suo taglio aforistico a volte, dove il succo del pensiero viene davvero spremuto per rilasciare la sua scoria più potente e vera. Una poesia molto riuscita, tra quelle proposte, ne fa trasparire a pieno le peculiarità che finora ho descritto:
*
accado nel magma del passaggio.
siccome disturbo nel desueto divorio
punta i gomiti quello che non ha il limite,
così per caso, un bar vale l’altro,
il dispetto sta nella resistenza,
il cablaggio ci fortifica
sino a esaurimento scorie.
Complimenti a Marco e ai gestori del blog per la proposta.
Un saluto,
Antonio Bux