
È la domenica del Corpus Domini, giorno in cui si abbatte l’Albero, vedetta da oltre dieci giorni nel cielo azzurro al centro del paese. Porgiamo allo scalatore il libro, lui posa con l’oggetto in mano verso l’obiettivo con il suo sorriso di una semplicità che scalda e raggela.
Antonio abbassa gli occhi sulla copertina, guarda il piccolo sé che scalcia verso il bordo destro della pagina, sospeso nella mezz’aria della carta. Sfoglia: scorrono parole e versi e foto che raccontano la sua terra, la sua festa, la sua ebbrezza a mezz’aria per davvero nel cielo. Compare in foto anche uno dei suoi figli ancora molto piccolo, vestito per devozione come il Santo, seduto sul tronco del Maggio.
I poeti hanno provato a catturare una vibrazione intima che appartiene in verità a tutti: il sentimento di pace con la natura, il conforto di sentirsi parte di essa. Strano regno, Accettura, dove intorno a questo sentimento si suona, si tira, si solleva, si canta, si prega, si mangia, si beve, ci si affatica per quattro giorni interi – senza contare quello che viene prima e quello che segue dopo.
Innesti è un frutto involontario, selvatico, come certi perastri che si incontrano nelle campagne. È l’interpretazione che ciascuno, tra poeti provenienti da ovunque, ha dato del rito arboreo e di ogni sentimento che si prova toccando una corteccia d’albero o attraversando questi paesi e queste lande di desolazione e di luce.
Il rito dell’Albero è la certezza di un popolo di ritrovarsi nella continuità attraverso il tempo, nel vivere d’oggi veloce senza appigli e senza radici.
Intatte sono pure la commozione e l’incredulità e la vertigine che noi ai piedi dell’Albero sentiamo ogni volta, mentre lo scalatore in cima, abbracciato al punto d’innesto tra cerro e agrifoglio, non sente nulla e sente tutto. Il tronco oscilla nell’altezza del vento, scosso dalla forza dei suoi muscoli d’uomo, forza animata d’amore e di sfida.

La raccolta Innesti – Poesie per il Maggio di Accettura (AnimaMundi Edizioni, 2024, collana di Geosofia diretta da Franc Arleo) consiste in una selezione di componimenti poetici che hanno concorso nelle prime sei edizioni del premio L’albero di rose, istituito nel 2016 ad Accettura in onore della festa del Maggio, dei culti arborei, di Leonardo Sinisgalli e della Lucania tutta.
Non è un’antologia ma un’opera collettiva, poiché i componimenti sono attraversati da un filo rosso, che è il rapporto con il mondo naturalistico e vegetale sotteso a questi riti. È il prodotto di qualcosa che vivifica una comunità, che connota profondamente la sua identità e quella di tutta la regione. Comunitario d’altra parte è lo spirito operoso che consente lo svolgimento di queste complesse celebrazioni, nelle quali una regia invisibile sembra coordinare i lavori di taglio, trasporto, lavorazione dei tronchi e tutte le fasi dei festeggiamenti, che si svolgono ogni anno in primavera.
Sono nove i culti arborei festosi, musicali e conviviali che si svolgono in Basilicata, tra la primavera e la fine dell’estate, addensati intorno a due polmoni verdi della Regione; a sud ovest, il Parco Nazionale del Pollino (Castelsaraceno, Terranova, Viggianello, Rotonda) e nel cuore lucano, il Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Dolomiti Lucane (Gorgoglione, Castelmezzano, Pietrapertosa, Oliveto, Accettura).
Diversi gli alberi, diversi i santi, ma alcuni motivi sono ricorrenti: l’unione dell’elemento maschile e femminile, propria di ogni rito di fecondità; il sincretismo, poiché in ognuna di queste feste il paganesimo è ammantato di cristianità; il sacrificio rituale, come prova l’antico costume – ora disperso – di appendere a questi alberi di cuccagna animali quali premi in palio per i vincitori; infine, il momento della sfida e della scalata, in cui il dio del bosco si impossessa dell’uomo, lo sfidante incalza il predecessore in una prova di abilità.
Lo scatto che ritrae lo scalatore Antonio Martello il 2 giugno 2024, così come l’immagine in copertina e gli scatti che ritmano le poesie che compongono Innesti, è di Antonio Trivigno©.
Maria Grazia Trivigno




La sensazione di esserci da sempre nei luoghi e nel rito della festa arborea, così pregna di significati archetipali e di considerazioni attuali, rivela il bisogno di riconoscere e valorizzare la convivenza dell’umanità con la popolazione vegetale.