
(fotografia di Franco Fontana)
L’ultima raccolta di poesie di Franco Toscani Nel gioco del mondo (Scritture, 2017, con introduzione di Remo Bodei) si pone in ideale raccordo con la prima plaquette La benedizione del semplice, 2003, Blu di Prussia, con prefazione di Carlo Sini. A distanza di tanti anni i nuovi versi non tradiscono le buone cose consegnate ai primi. Come lo stesso Toscani chiarisce nel suo Profilo bio-bibliografico, l’ispirazione del poeta ha un luogo preciso di nascita. Si tratta del paesino di Monte Armano, sull’Apennino tosco-emiliano, luogo del cuore del poeta, ove i ricordi e le sensazioni sono così vive e cogenti da non poter rimanere inespresse e fluiscono impetuose in un canto armonioso e fecondo. Il lungo andare del poeta per le vie del mondo trova un hortus conclusus in una terra amica e fraterna, ove contemplazione e riflessione non si fronteggiano, ma si fondono. La filosofia a volte ha bisogno del tempi morti della memoria per non cadere in inerte razionalismo o peggio in accanimento logico.
I versi di Toscani ci riconsegnano la freschezza di una natura sfiorata dalla delicatezza dalla parola poetica come n questi versi:
meditatio vitae
della valle
il paesaggio
a lungo
osservo
il verde colma
il cuore appaga
ma sopravviene
il pianto
pace non danno
negletta bellezza
ciechi viandanti
aspri addii
Una caratteristica costante della poesia di Toscani è l’impiego del verso corto o versicolo (come in Ungaretti), che rinvia ad un altro poeta piacentino che fu amico di Franco, Nello Vegezzi (cui è dedicata una lirica). Il martellante incedere del verso corto determina una musica, una scansione lirica che non dà tregua al lettore come una continua percussione.
Questo effetto sonoro pare legarsi ad una tensione corporea del poeta che proietta nel verso la sinestetica vita del suo io confluita nell’universo vivente. È anche il tema della vita buona che spesso ritorna nel suoi versi come in questa lirica del titolo dal titolo ungarettiano:
sentimento del tempo
le placide vacche
di Pertuso
al pascolo
sotto il Ragola
osservo
un mondo antico
dilegua
mi coglie
un sentimento
aspro
del tempo
delle buone
vecchie cose
ormai travolte.
L’assoluta assenza di punteggiatura configura del pause interiori, degli spazi del non detto che il poeta serra in sé. Un senso come di un possibile naufragio del tempo che cancella e annulla inesorabilmente il nostro vissuto, lascandone lacerti, schegge, tracce. Qui lavora il tempo della sedimentazione che nella sua saggezza, protegge l’utile dal vano, preservando, forse, il meglio di noi. Ciò che più urge e non scappa strappato dal diluvio. Aggrappiamoci allora a questi fondali della memoria che, seppur vaghi, sono luce al viandante nel suo cammino:
identità
son forse
un romantico
meditabondo
inquieto viandante
amante del vero
col sorriso aperto
e gran malinconia
della vita
che fugge
il senso
del dolore
e della felicità
ai mortali
accessibile
Roberto Taioli



