
Ierofania
Felice infanzia
nella terra aspra del basilisco
e della ginestra
Potevo volare nel regno delle fate
compagna dei falchi dal volo radente
Mezzogiorno torrido d’un’estate antica
Sulla sfida del picco più alto
dove spericolata m’inerpicavo
per esser degna d’un dichiarato coraggio
sfiorando appena le radici
dei cardi selvaggi:
fu allora che avvenne
Sospesa sull’orlo mozzafiato dell’abisso
quasi invisibile per la potente vibrazione
delle piccole ali nere orlate di rossarancio
Lei si manifestava
l’Atlantidea
nell’aria densa
con suono sordo – non terreno!
Battito rallentato del cuore
Nell’incanto del momento
tutto era immobile
Nel tempo
Oltre il tempo.
*
Il Ritorno della Giovane Terra
Una notte
mentre chiara e splendente
sorrideva la luna
e lontane scintillavano
le misteriose costellazioni
– nell’inaudito silenzio
solo una vibrazione d’ali di lucciole
e di pianeti orbitanti –
la Giovane Terra venne a cercarmi
D’arancio e amaranto i suoi lunghi capelli
Vellutate le guance color del tanè
Morbide curve – colline odorose –
Seni armoniosi. Fianchi opulenti
A lungo nel buio alle porte del sonno
aveva bussato
aspettando che aprissi
Occhi di lago – violetti – profondi
Numinoso e soave il suo dolce sorriso
Dalla coppa delle mani ricolme di frutti
col gesto più lieve
mi porgeva i suoi doni
e nella veste di purissimo azzurro
altri ne aveva
di fragranti e di nuovi
Muschio argentato vestiva il suo corpo
e bianche iris
peonie e fiori di verbena
Sabbie dorate e rose dai vividi colori
ne ornavano le membra
o da esse scaturivano
Le pulsavano in grembo – li sentivo!
germogli rutilanti
forieri dei fiori d’ogni tempo
I frutti futuri. L’intatto seme
della vita. I prati dal tenero verde
e coccole e foglie e rami
Gli antichi grani – l’avena –
e gli orzi primitivi
Meli. Ciliegi. Erbe salutari
La gramigna e l’ortica
Sommessa
al mio orecchio sussurrava
ed io – senza capire –
tutto comprendevo!
Mi riscossi così
da un profondo torpore
e un amore indicibile
mi circonfuse
Lenti scorrevano gli astri
nel cielo notturno
e il moto circolare dei pianeti
come sempre si compiva
quando la Terra giovane
feconda – non violata –
venne – in sogno –
a cercarmi…
*
Magna Græcia
Fine maggio in Sicilia
Dopo giorni di nuvolo torna fulgido il sole
Nell’anfiteatro di Tindari
fra gli archi di pietra e sugli alti scalini
che attendono il mare bipartito
– turchino e verdealga –
il vento del sud diffonde
l’aroma intenso della pineta
crepitante per l’inatteso calore
Il vento!
Porta con sé un sussurro
una voce remota
la stessa da millenni
delle donne mitiche o comuni
e dei fanciulli che mai conoscemmo
Dei poeti e dei cantori dalle arpe risonanti
Solitario veleggia un gabbiano
nell’azzurro
Dinnanzi alle antiche terme
e nei nascosti cortili
dagli sbiaditi mosaici del peristilium
sorride altero un tritone
immune allo scorrere delle ere
Dipinto sui ruvidi mattoni d’una sala
interna agli scavi
un cerbiatto stilizzato è ormai sommerso
dall’erba e dalle ortiche
In tranquilla abbondanza
fra le colonne tronche e i rilucenti massi
argentati da strisce e chiazze di mica
s’espande la salvifica aloè
In un tempo lontano
sotto lo scuro cielo costellato
al ritmo pressante di cimbali e sonagli
le belle chiome intrecciate
con ghirlande di mirto e gelsomino
fanciulle dal rapido piede
danzavano nei pepli leggeri
in onore d’una Vergine Nera
al lume di fiaccole ardenti
benedicente.
Teri Volini
Un universo lirico ci viene restituito: natura, cosmo, sogno, fantasia; visioni che diventano il canto di una nuova avventura; lo stato delle cose colte nella loro purezza elementare, prove superlative di vitalità dell’essere.
Nei versi è possibile ritrovare la bambina che Teri ha saputo custodire in sé, la carica di meraviglia che manifesta come inesauribile legato della sua infanzia; le sue sensazioni, di piacere e di pietà, le sue reazioni al male, la volontà di spingere al bene, l’impegno a preservare un certo passato e, nel presente, promuovere la gioia: creare …
È possibile ritrovare i segni della sua, della nostra femminilità; nella natura le figure della fertilità e della rinascita, e poi, a trascendere il tutto, la Dea, figura dell’immortalità e dell’eros.
Ancora una volta, con la brillante alchimia di colori che non stingono mai, perché solo lei ne possiede la formula segreta, Teri dipinge le infinite varietà delle naturali “grazie della vita”. Per noi solleva il velo delle sue visioni, ci racconta sogni ad occhi aperti, lontani ricordi, le sue epifanie.
Per noi, a cui non sempre è dato di saper rispondere all’ “ingiunzione” bellissima e perentoria di Friedrich Hölderlin: “Il faut habiter poétiquement la terre”.
Maria Grazia Longhi



