Poesia «astratta» questa di Transizioni di John Taylor, nel senso che l’autore si occupa di rappresentare le impressioni soggettive, i complessi percettivi (Freud parla di Wahrnehmungscomplexe), che sono entità variabili, incostanti ed aleatorie che costituiscono i resti di ciò che si dice intorno alla «das Ding», entità che possono essere rammemorate dal soggetto mediante le impressioni. Il mondo è ridotto ad un esteriore. Caratteristica di questa poesia è il discorso intorno al residuo non analizzabile dal giudizio, un nucleo di opacità che gli resiste, interrogazioni travestite di asserzioni, asserzioni in veste di aforismi; la rimanenza, ciò che resta e che si presenta come sconosciuto è proprio il «das Ding», l’esteriorità soggettivizzata. Freud è stato il primo ad asserire che quelle che noi chiamiamo cose (Dinge) sarebbero nient’altro che residui (Reste) che si sottraggono al giudizio (Urteil), la poesia di Taylor ci parla attraverso la nebbia del linguaggio tramite apparenti divagazioni, rimembranze, immagini. Testi scarni, «resti» ossificati, scanditi in distici, in brevissime strofe e in versi singoli, per lo più brevissimi, privi di qualsiasi epifania; parole deiettate dal privato e immesse nel pubblico impiego, parole solitarie che non ambiscono ad occupare alcuna riconoscibilità ufficiale, parole sottoposte ad una rigorosa cura di ossificazione e calcificazione dei significati, accuratamente scavati e disboscati. Direi che si tratta di una poesia di ciò che resta della poesia esistenzialistica del novecento dopo la fine dell’esistenzialismo, dopo l’invasione delle emittenti linguistiche della società metal mediatica del mondo globale; poesia che si mostra restia alla ermeneutica, ostile a qualsiasi vorace indagine interpretatoria. E sarebbe incongruo per un critico dover spiegare come sia divenuto problematico oggi scrivere poesia nel nostro tempo pandemico; anche il critico, al pari del poeta, è rimasto senza le parole ed è costretto a piegare il discorso sulle criticità in cui versa il mondo delle parole del «poetico». Anche il critico è costretto ad utilizzare pochissime scarne parole per tentare di afferrare la coda di questa poesia; direi che Taylor gioca con l’improprio, e con l’intraneo, con ciò che non può essere ri-utilizzato in modo «proprio» né pubblicizzato, ciò che non può essere assimilato alla significazione e alla giustificazione dei discorsi da risultato del mondo del «politico», giacché se oggi tutto è divenuto «politico», è ovvio che non v’è più «politica», e che nel mondo de-politicizzato corrisponda una poesia de-politicizzata. È lampante che il linguaggio di Taylor si rifiuta di «mondeggiare», non gioca a baseball con il «mondo», non vuole fuorificare l’interiorità e si rifiuta di dentrificare l’esterno. È, in fin dei conti, la condizione atroce in cui versa la poiesis nel nostro mondo de-politicizzato.
Giorgio Linguaglossa
rocks rounded smoothed
by age-old waters
or by your sudden desire for purity
at the limit of sand
and constant change
in your mind
you take them in hand
examine them
toss them back into the sea
****
sassi arrotondati levigati
da acque millenarie
o dal tuo improvviso desiderio di purezza
al limite della sabbia
e del cambiamento costante
nella tua mente
li prendi in mano
li esamini
li rigetti in mare
****
you slipped away to glimpse
droplets of seawater
then all of them at once
come ashore
sink into the sand
or depart
does it matter
do you see this sea
as you would any sea
this sea that sea
is was
will become
all the imperfect rocks
all the imperfect wishes
****
ti sei spostato per scorgere
le goccioline d’acqua marina
allora tutte in una volta
vengono a riva
sprofondano nella sabbia
o se ne vanno
ma cosa importa
lo vedi questo mare
come qualsiasi altro
questo mare quel mare
è fu
diventerà
tutti i sassi imperfetti
tutti i desideri imperfetti
****
now you must climb away
from all the seas
all the illusions
the sparkling
as you step back
from this sea that sea
with your impossibilities
as you seek
steady gleams on the surface
that are mended
mend
for an instant
****
adesso devi arrampicarti via
da tutti i mari
tutte le illusioni
lo scintillio
mentre ti allontani
da questo mare quel mare
con le tue impossibilità
mentre cerchi
bagliori stabili sulla superficie
che si regolano
che regolano
per un istante
***
perhaps seagulls
have to believe
and even shells whose flesh is alive
in their watery lairs
amid the swaying seaweed
you don’t know
perhaps the wind
perhaps the waves
will give hints
murmuring as they move on
you try to listen
to this first morning
if only
it were the first morning
***
forse i gabbiani
devono credere
e persino le conchiglie di carne viva
nei loro recessi acquatici
tra le alghe ondeggianti
tu non lo sai
forse il vento
forse le onde
faranno delle allusioni
mormorando mentre si allontanano
tenti di ascoltare
questo primo mattino
se solo
fosse il primo mattino
****
you too are moving
yet trying not to move
but you are moving
even at the window
as you stand still
you walk again
along the inlet
the cliff the shore
the porous
rose-colored rocks
write about them
about this sea
that sea
no longer here
no longer there
is any moment you sensed
of the slightest ebb and flow
go
now
****
anche tu ti stai spostando
pur cercando di non spostarti
ma ti stai spostando
persino alla finestra
mentre stai immobile
cammini ancora
lungo l’insenatura
la scogliera la spiaggia
le porose
rocce rosate
scrivi di loro
di questo mare
quel mare
che non c’è più
come non c’è più
alcun momento che hai vissuto
del più leggero flusso e riflusso
va’
ora
John Taylor
John Taylor è nato nel 1952 a Des Moines (USA): scrittore, poeta, traduttore e critico letterario, vive in Francia dal 1977. Sebbene segnati dall’infanzia nel Middle West americano, i suoi libri mostrano anche l’influenza degli anni in Europa e dell’impegno con la letteratura europea. È autore di numerosi racconti, di prose brevi e di poesie, tra cui The Dark Brightness (Xenos Books, 2017), Grassy Stairways (The MadHat Press, 2017), Remembrance of Water & Twenty-Five Trees (The Bitter Oleander Press, 2018) e di un “doppio volume”, A Notebook of Clouds & A Notebook of Ridges (The Fortnightly Review Press, 2018), nel quale sono contenuti un suo libro ed uno del poeta svizzero Pierre Chappuis. La poesia recente di Taylor è contraddistinta dai modi sottili con cui evoca misteri esistenziali e dilemmi filosofici. 60 La finezza dell’autore mentre esplora gli enigmi della coscienza e delle relazioni, con temi che vanno dai primi amori alla morte dei propri cari, compresa la madre, era già stata apprezzata dai suoi primi lettori. Tra di essi il regista francese Louis Malle, che definì i brevi testi in prosa del primo libro di Taylor, The Presence of Things Past, come “incantevoli evocazioni di un’infanzia nel Midwest”, e lo scrittore ed editore John Milton che ne pubblicò i primi testi nella rivista South Dakota Review scrivendo: “L’influenza francese è lì… L’effetto non dipende da finali facilmente accattivanti, da sorprese nella trama. È, piuttosto, sentito in ciò che Wordsworth definì come ‘emozione raccolta nella tranquillità’ e nell’uso magistrale del linguaggio”. I primi due libri di Taylor, The Presence of Things Past (1992) e Mysteries of the Body and the Mind (1998), sono stati recentemente ripubblicati da Red Hen Press in nuove edizioni riviste. I suoi scritti sono stati tradotti in diverse lingue e quattro dei suoi libri, tradotti da Marco Morello, sono apparsi in Italia: Gli Arazzi dell’Apocalisse (Hebenon, 2007), Se cade la notte (Joker, 2014), L’oscuro splendore (Mimesis, collana Hebenon, 2018) e Oblò (Pietre Vive Editore, 2019). In quest’ultimo libro, che è una sequenza di brevi poesie, Taylor evoca il suo viaggio decisivo, tra il porto del Pireo e l’isola di Samo, nel luglio 1976, durante il quale decide di rimanere in Europa e dedicarsi alla scrittura. Nell’antologia L’Europa dei poeti (Argo, 2020), Taylor spiega questa scelta a Franca Mancinelli in un’intervista dal titolo “Il viaggio della vita”. 61 Come traduttore e critico letterario, John Taylor è uno dei ponti tra l’Europa continentale e i paesi anglofoni. Ha tradotto numerosi poeti francesi, svizzeri, greci e italiani (fra i quali Alfredo de Palchi e Franca Mancinelli). La sua traduzione di Lorenzo Calogero (An Orchid Shining in the Hand: Selected Poems 1932-1960, Chelsea Editions, 2015) ha ottenuto il premio dell’Academy of American Poets. I suoi saggi sugli scrittori francesi e, più in generale, europei sono stati raccolti in cinque volumi e pubblicati da Transaction Publishers: Paths to Contemporary Literature (3 volumi, 2004, 2007, 2011), Into the Heart of European Poetry (2008) e A Little Tour through European Poetry (2015).
Grazie Interessante
Marco Morello, oltre ad essere un raffinato traduttore, è un attento critico letterario. Le su considerazioni sugli errori che si trovano in edizioni “blasonate” ed in autori “di grido” sono puntuali e pungenti.